Alla vigilia della partenza per la missione a Washington, la premier Giorgia Meloni non elude il nodo dell’incontro con il presidente Donald Trump. Il tema dei dazi non resta fuori dalla cerimonia di conferimento dei Premi Leonardo, dove la presidente del Consiglio riconosce “il momento difficile”. Con lo sguardo al bilaterale alla Casa Bianca, in programma giovedì, Meloni si mostra cauta: “Vediamo come va nelle prossime ore e come si sviluppa il quadro in cui ci troviamo”. La premier, però, non rinuncia a elogiare il sistema produttivo italiano e cerca di infondere fiducia negli imprenditori: “Daremo del nostro meglio, ricordiamoci che noi abbiamo la forza, la capacità e l’intelligenza per superare ogni ostacolo, ne abbiamo superati di ben peggiori”. Quindi rivendica con orgoglio: “sono consapevole di quello che sto difendendo e di quello che rappresento”. Sul faccia a faccia con Trump, non aggiunge tanto altro. Se non una frase ironica, detta con un sorriso appena accennato: “Non sento alcuna pressione come potete immaginare per i prossimi due giorni”. Poi, lascia Villa Madama e torna a Palazzo Chigi dove convoca un vertice con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il ministro degli Affari europei Tommaso Foti. Buona parte della task force sui dazi riunita per fare un ultimo punto prima del volo per gli States. Proprio mentre il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, invitato a parlare a pochi metri da piazza Colonna, chiarisce il perimetro di una missione che considera “non facile e ricca di insidie”.
Il braccio destro della premier, non avvezzo alle uscite pubbliche, interviene in un momento delicato, quando non sembrano arrivare segnali distensivi dagli Usa. E prova a definire meglio obiettivi e limiti del viaggio. A partire da una preoccupazione non troppo velata su “una politica protezionistica” degli Stati Uniti “che danneggerebbe molto l’Italia”. “Non so quanto possa essere vantaggiosa per gli Usa, – spiega – ma per l’Italia e l’Ue potrebbe essere molto pericolosa”. “La grande partita dei dazi, che per l’Italia è qualcosa di fondamentale”, ammette il sottosegretario, non rimarrà fuori da quello che viene definito come il “primo vero incontro bilaterale tra Trump e Meloni”. Non solo dazi, però, “gli argomenti saranno molti”, a partire dagli “investimenti reciproci, di cui già molti in essere”. Sul tavolo, uno degli strumenti negoziali potrebbe essere proprio quello degli investimenti militari e del raggiungimento dell’obiettivo del 2% del Pil per quanto riguarda le spese sulla difesa. E su questo Fazzolari non ha dubbi: “ci arriveremo già nel 2025, è nel programma di governo”. Sull’ipotesi che Meloni possa invece proporre un aumento dell’acquisto di gas liquido degli Usa, glissa: “Siamo approvvigionati da una serie di Paesi, l’Italia non ha il problema di diversificare le fonti di approvvigionamento, possiamo incrementarlo con gas liquido ma per noi non è vitale come per altri Paesi”. E non è escluso che anche l’Ucraina, sul quale la “posizione dell’Italia non cambierà”, possa entrare nel dialogo tra i due leader.
Nonostante la cornice bilaterale dell’incontro, resta ancora la speranza sul ruolo di ‘pontiere’ che Meloni potrebbe giocare tra Ue e Usa. I contatti tra Chigi e la Commissione sono rimasti costanti negli ultimi giorni e le parole di Fazzolari sembrano confermarlo. “Meloni – dice – non ha un mandato a parlare per conto dell’Ue o per conto della Commissione europea, ma i rapporti personali sono fondamentali per le grandi scelte politiche ed economiche. C’è grande interesse da parte dell’Ue perché Meloni può avere maggiore facilità a parlare in modo chiaro per trovare un accordo conveniente per entrambi. È la fase in cui rimanere lucidi e tranquilli, gli interessi occidentali sono unici”.