Peggiora la situazione della produzione auto di Stellantis in Italia. Nei primi tre mesi del 2025 i dati raccolti dal report periodico curato dalla Fim-Cisl evidenziano un calo dei veicoli prodotti del 35,5% su un anno, il 2024, considerato un anno nero, con volumi produttivi che riportano l’Italia agli anni Cinquanta. Nello specifico nel I° trimestre del 2025 sono state prodotte, tra autovetture e furgoni commerciali 109.900 unità, contro le 170.415 del 2024.
La produzione di autovetture è calata del 42,5%, pari a 60.533, i veicoli commerciali segnano una contrazione del 24,2%, invertendo il trend consolidato l’anno scorso con una salita del 28,5%. «In tutti gli stabilimenti di produzione delle auto abbiamo riscontrato una situazione particolarmente negativa – spiega Ferdinando Uliano segretario nazionale della Fim Cisl – contrariamente all’anno precedente dove almeno lo stabilimento di Pomigliano d’Arco rappresentava un’eccezione positiva».
La situazione del 2025 resterà difficile perché al netto della Fiat 500 ibrida di Mirafiori e della nuova DS in produzione a Melfi, nella seconda metà dell’anno, i nuovi modelli andranno comunque in produzione dal 2026. «Ci aspettiamo un ulteriore aggravio in termini di volumi e di aumento dell’uso di ammortizzatori, coinvolgendo quasi la metà dei dipendenti» aggiunge Uliano.
Le modifiche introdotte al piano industriale, ragiona la Fim, «potranno portare nel 2026 ad una crescita importante delle produzioni prossima a quella riscontrata nel 2023». Il Gruppo negli ultimi incontri con i sindacati ha confermato l’obiettivo di 1 milione di veicoli entro il 2030, ma lo ha subordinato alle risposte del mercato.
Sul piatto ci sono i 2 miliardi di investimenti e i 6 miliardi di acquisti ai fornitori italiani, ma i numeri della produzione sono sconfortanti. Si tratta sicuramente «un cambio di impostazione», con un piano di investimenti aggiuntivo al precedente, ammette Uliano, ma «il crollo dei volumi sui mercati e transizione verso elettrico e digitale a cui ora si aggiungono i dazi sulle auto europee, prima minacciati e poi introdotti dagli Usa, rappresentano una tempesta perfetta che colpisce in maniera significativa tutta l’Europa e il suo tessuto industriale più rilevante».