Storie Web mercoledì, Marzo 12
Notiziario

L’articolo 38 della Costituzione dice che “i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”. L’intento è positivo ma il termine, usato all’epoca per indicare le persone con disabilità, oggi suona offensivo e discriminatorio. Per questo, l’istituto Treccani ha chiesto che venga rimosso e sostituito. Ricevendo il sostegno politico anche del governo Meloni.

Una riforma della Costituzione, proposta dall’istituto Treccani, per rendere il testo più inclusivo e meno discriminatorio. La Costituzione italiana, all’articolo 38, ha l’obiettivo di garantire che tutti i cittadini abbiano accesso agli stessi diritti per quanto riguarda la sussistenza, l’educazione e il lavoro. Per questo, ad esempio, l’articolo inizia dicendo che “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. Il terzo comma, però, ha sollevato più di una riflessione negli ultimi anni: “Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale“.

Il termine “minorati” era utilizzato, nell’epoca in cui la Costituzione venne scritta, per indicare le persone con disabilità. Oggi, naturalmente, la parola suona decisamente offensiva, come molti altri termini usati in passato – è uno dei motivi per cui ha sollevato polemiche internazionali la scelta dell’argentino Milei di reintrodurre nelle leggi del proprio Paese termini come “ritardo mentale”, “idioti” e “imbecilli”.

Il tema è già stato sollevato nel dibattito politico anche da esponenti dell’attuale maggioranza. Ma ora ha preso posizione anche l’istituto Treccani, che nella nuova appendice alla sua Enciclopedia, nella voce “disabilità” curata da Elena Vivaldi (docente di diritto costituzionale alla Scuola superiore sant’Anna di Pisa), ha invitato a superare questa espressione. Parole come “handicappato” e “minorato” oggi sono “considerate non rispettose e offensive”, si legge nel testo.

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C’è, invece, “la necessità di utilizzare un linguaggio che tuteli tutte le persone con disabilità“, dato che la disabilità è “una delle possibilità in cui la dimensione umana si esplica”. E non è una condizione che rende ‘minori’, ma una “ricchezza che la società deve saper leggere e tradurre”.

Il linguaggio usato in quel punto della Costituzione è “coerente con la mentalità dell’epoca in cui la Costituzione fu scritta”, ma non è più “conforme, oggi, allo spirito e alle finalità proprie della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità”. Una convenzione a cui l’Italia ha aderito, e che quindi è tenuta a rispettare.

A sostenere la presa di posizione sono state diverse voci di peso. L’ex presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato ha detto che “questo è uno dei punti sui quali” la Costituzione “è più prigioniera della cultura del suo tempo. Sarebbe davvero meglio togliere quel termine”.

La ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, ha ricordato che il governo è già al lavoro per abolire “da tutte le leggi ordinarie del nostro Paese dei termini ‘handicappato’, ‘portatore di handicap’, ‘diversamente abile’, per sostituirli con ‘persone con disabilità'”. E il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè (Forza Italia) ha sottolineato di aver già depositato una proposta di legge per rimuovere il termine.

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