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Notiziario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BRUXELLES – In un momento di crescente preoccupazione sulla presenza di stranieri in Europa, la Commissione europea ha presentato oggi, martedì 11 marzo, una riforma in senso restrittivo della direttiva del 2008 che regolamenta il ritorno in patria degli immigrati clandestini. L’attesa revisione legislativa, che dovrà ora essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio e che è stata voluta dai partiti più conservatori, è stata criticata dai partiti più progressisti e da alcune organizzazioni non governative.

«La Commissione propone una serie di procedure efficaci e moderne per i rimpatri – ha spiegato a Strasburgo il commissario agli affari interni Magnus Brunner –. Sono regole fondamentali per salvaguardare lo spazio di libera circolazione dell’Unione europea, in assenza di frontiere interne». Il nuovo sistema europeo di rimpatrio «rafforzerà in modo significativo la fiducia nel nostro sistema comune europeo di asilo e migrazione».

Tra le altre cose il nuovo testo prevede il mutuo riconoscimento tra i paesi membri delle decisioni nazionali nel campo dei rimpatri; la nascita di return hubs in paesi terzi, vale a dire di centri nei quali concentrare le persone oggetto di rimpatrio prima di essere riaccompagnate nei paesi di origine; e regole restrittive per le persone in procinto di essere espulse. Nel caso di ritorno forzato (rispetto ai ritorni volontari), Bruxelles propone di portare il periodo massimo di detenzione da 18 a 24 mesi.

Presentando la riforma a Strasburgo, in occasione di una plenaria del Parlamento europeo, l’esecutivo comunitario ha assicurato che le nuove regole saranno rispettose del «principio di non respingimento, del diritto alla libertà, del diritto a un rimedio efficace, e di maggiori garanzie per le famiglie e per i minori». Tra le altre cose la Commissione esclude che i centri per ritorni possano ospitare famiglie con minori e minori non accompagnati.

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