Storie Web venerdì, Febbraio 7
Notiziario

Nel giorno in cui è diventata effettiva la nuova politica dei dazi Usa che ha eliminato l’esenzione “de minimis”, sfruttata dai retailer cinesi per spedire pacchi low cost senza incorrere negli oneri, e si è verificato uno stop temporaneo alle consegne postali dei pacchi dalla Cina negli Stati Uniti, anche la Commissione europea è tornata sul tema.

Nella comunicazione «A comprehensive Eu toolbox for safe and sustainable e-commerce», inviata il 5 febbraio da Berlaymont ai suoi co- legislatori (Parlamento e Consiglio), all’Eesc e al Comitato delle Regioni, la Commissione ha auspicato uno stop all’esenzione per i beni di valore inferiore a 150 euro e lancianto un allarme: nell’ultimo triennio si è registrato un aumento vertiginoso dei beni “a basso costo” importati direttamente dai consumatori europei attraverso l’ecommerce. Nel 2024 sono stati importati nell’Unione europea 4,6 miliardi di articoli di basso valore, quasi il doppio di quelli registrati nel 2023 (2,4 miliardi) e più del triplo rispetto al dato 2022 (1,4 miliardi). Ogni giorno, in media, 12 milioni di oggetti low cost vengono importati in Europa.

Nove volte su dieci i beni low cost arrivano dalla Cina

Nove volte su dieci, scrivono a Bruxelles, l’oggetto in questione arriva dalla Repubblica Popolare: nel 2024, il 91% di tutte le spedizioni e-commerce entro i 150 euro entrate nell’Ue proveniva dalla Cina. Il volume è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente: si è passati dai 1,9 miliardi del 2023 ai 4,17 miliardi del 2024.

«L’impennata – si legge nel documento – coincide con la crescita estremamente rapida di alcuni marketplace online. Temu e Shein, in particolare, sono cresciuti in modo esponenziale nel mercato comunitario raggiungendo oltre 75 milioni di utenti nell’Ue nell’arco di pochi mesi nel 2024».

Da Bruxelles all’Antitrust italiana: le contestazioni agli e-player cinesi

Le società in questione sono da tempo nel mirino delle istituzioni (ma anche dei consumatori) a causa del livello ridotto di trasparenza delle loro attività: la Commissione europea ha inviato a Shein e Temu una richiesta di informazioni in base al Digital Services Act che è in vigore dal 17 febbraio dello scorso anno per le piattaforme online di grandi dimensioni (Vlop). A gennaio, Yinan Zhu, general counsel di Shein, si è rifiutato di rispondere alle domande dei deputati inglesi, membri della Commissione «Business and Trade» , che gli avevano chiesto se i capi venduti dal brand contenessero cotone proveniente dalla regione dello Xinjiang, nel Nord della Cina, dove vengono sfruttati gli esponenti della minoranza musulmana degli Uiguri. Un’area dalla quale è vietato importare beni nella Ue, almeno stando alle regole approvate dal Parlamento europeo del 23 aprile 2024 che vieta di vendere, importare ed esportare prodotti con lo sfruttamento della manodopera. In Italia, è in corso un’istruttoria aperta dall’Antitrust nei confronti di Infinite Styles Services CO. Limited con sede a Dublino, che gestisce il sito web italiano di Shein, per messaggi ingannevoli sui temi della sostenibilità.

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