Il mondo guarda con attenzione a quello che accade in un’area remota della Repubblica democratica del Congo in attesa di conoscere i risultati dei test sui campioni per individuare il patogeno che sta scatenando una malattia ancora non diagnosticata. Nella regione di Panzi a 700 chilometri dalla capitale Kinshasa, sono oltre 400 i casi e 31 i decessi, con sintomi di febbre, mal di testa, tosse e dolori muscolari e forte anemia. Ad essere coinvolti sono soprattutto i bambini sotto i 5 anni. A fare il punto su questo patogeno sconosciuto è l’epidemiologo Gianni Rezza docente all’università Vita Salute San Raffaele ed ex direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute negli anni drammatici della pandemia da Covid.

L’ex direttore generale del ministero della Salute

L’epidemiologo Gianni Rezza ha guidato il Dipartimento della Prevenzione durante la pandemia di Covid

GIANNI REZZA DG PREVENZIONE MINISTERO SALUTE

Sintomi simili a quelli influenzali e in metà casi c’è l’anemia

Tra le potenziali cause oltre a quello di un possibile virus sconosciuto l’Oms parla di polmonite acuta (infezione delle vie respiratorie), influenza, Covid-19, morbillo, malaria, con la malnutrizione come fattore che contribuisce. È inoltre possibile che sia coinvolta più di una malattia. “Quello che sappiamo è che le persone affette presentano dei sintomi simili a quelli influenzali e cioè sintomi respiratori tipo febbre, mal di testa, tosse, a volte insufficienza respiratoria e sembra esserci anche raffreddore”, spiega Rezza. Che segnala anche come nella “metà dei casi si può però rilevare anche un anemia. Bisogna capire ora se l’anemia sia specifica di questa forma o invece se è indotta dal fatto che i pazienti, soprattutto bambini, sono spesso colpiti da febbri malariche o da malnutrizione, questo non si è ancora capito bene”.

Patologia legata alle condizioni di salute del territorio

Ma il fattore della malnutrizione quanto pesa e fa sospettare di qualche patologia legata al luogo o fortemente condizionata dalle condizioni di salute della popolazione del luogo? “Beh sì potrebbe essere verosimile, quando parliamo di Africa remota parliamo di popolazioni che non hanno un facile accesso ai servizi, basti vedere le difficoltà che hanno i campioni del patogeno per essere esaminati in un laboratorio degno di questo nome. Si tratta come dicevo – aggiunge l’epidemiologo – di popolazioni affette da patologie di base o almeno che si trovano in cattivo stato di salute, in particolare i bambini. Certo non possiamo escludere un virus nuovo, ma anche un patogeno noto magari influenzale o un micoplasma e quindi sia un virus che un batterio. Nelle condizioni in cui sta questa popolazione potrebbe causare una letalità abbastanza elevata come emrege dai dati”.

Tante differenze con l’inizio della pandemia di Covid

Dopo quello che è accaduto con la recente pandemia di Covid 19 molti vedendo le immagini arrivare da un posto lontano come il Congo hanno ripensato a quanto accadeva nella Cina nel dicembre del 2019: c’è qualche analogia? “Forse solo il fatto che ci troviamo alla fine dell’anno e ricordiamo quel tragico dicembre del 2019 che annunciava l’epidemia del 2020. A parte questo e il fatto che non si conosce il microrganismo che è la causa di questa epidemia, le differenze – secondo Rezza – sono davvero molte. Wuhan era una città di 11 milioni di abitanti, con forte movimento di popolazione e strutture sanitarie adeguate, un laboratorio di massima sicurezza che addirittura si è sospettato fosse colpevole della fuga per sbaglio del virus. Mentre qua ci troviamo in un’area remota dell’Africa con una popolazione particolarmente debilitata e strutture sanitarie carenti”.

L’Italia e la preparazione a una nuova emergenza sanitaria

Al di là di questa malattia, ma in Italia siamo pronti per una nuova emergenza sanitaria, visto che non abbiamo ancora un piano pandemico? “Abbiamo ancora il piano pandemico approvato nel 2021 e quindi è abbastanza recente. Certo – aggiunge Rezza – è importante avere dei piani aggiornati, ma è soprattutto importante avere scorte di vaccini e di farmaci. Le esercitazioni sono state fatte, quindi un certo grado di preparazione c’è, ma scontiamo sempre un difetto di preparazione rispetto a quanto avviene invece nei paesi, ad esempio dell’Estremo Oriente e del Sud-Est asiatico, che hanno a che fare continuamente con questi eventi epidemici e per questo – conclude l’epidemiologo – sono anche in genere maggiormente preparati. Abbiamo vissuto la lezione del Covid e quindi non dobbiamo dimenticare”.

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