Partiamo subito col dire che l’abbinamento perfetto non è una formula matematica ma un gioco di curiosità, convivio, buonumore e desiderio, ma anche di fascino e tentazione quando tutto fila per il verso giusto. L’autunno è la stagione in cui l’abbinamento del vino con le materie prime che il periodo ci offre, diventa un piccolo gioco di seduzione. I funghi e i tartufi sono gli ingredienti protagonisti con maggiore portamento e presenza scenica; pertanto il vino non può fare la comparsa. Niente ansia da manuale però: si può sembrare esperti anche senza indossare la giacca da sommelier. Datemi retta, in poche e semplici parole.

Partiamo dai funghi. Che siano porcini, chiodini, finferli o un mix selvatico da passeggiata nei boschi, i funghi amano il vino. Un po’ come noi, o mi sbaglio? L’errore più comune è quello di mettergli accanto un vino troppo robusto, muscoloso, perché si corre il rischio di coprire tutto. Meglio scegliere compagni gentili, che accarezzano “senza mordere”. Il Lagrein ad esempio, oppure un Pinot Nero (sempre altoatesino, se possibile), ma anche un Dogliani, con il risotto o le pappardelle fatte in casa coi funghi porcini fanno miracoli: freschi, profumati, con quella misura perfetta tra acidità e morbidezza che chiama anche, perché no, il secondo bicchiere.

Tuttavia, ci sono anche diversi vini bianchi che si prestano al matrimonio come gli chardonnay con qualche anno sulle spalle (non troppi però) oppure i Fiano di Avellino. Sui finferli che sono un po’ più delicati e fruttati diciamo, vedo molto bene anche qualche sauvignon non eccessivamente spinto sulle note aromatiche, oltre ai vermentino o un Pinot grigio (quest’ultimo possibilmente del nord-est dell’Italia). Se i finferli sono preparati con polenta che prevede l’intervento di sughi un po’ più elaborati – o la partecipazione della selvaggina, ad esempio – meglio allora un rosso di medio corpo come il Langhe Nebbiolo, ma anche una Barbera che con la sua acidità è perfetta nelle situazioni in cui occorre “sgrassare” la bocca.

Quando invece entra in scena il tartufo, il copione cambia. Il tartufo è quel divo del bosco – intenso, dominante, magnetico – che non ci sta a farsi rubare la scena dal vino. Si può accompagnare il tartufo, stargli accanto ma sempre con discrezione e carattere.

Il tartufo bianco — più raffinato, aromatico e sensuale — ama i bianchi strutturati ma non invadenti: Chardonnay (anche di Borgogna stavolta), Greco di Tufo, Fiano di Avellino, per rientrare in Italia, capaci di esaltare i profumi senza appesantire. Io però lo vedo bene anche con i vini rossi leggeri come i Ghemme ad esempio, oppure i Pinot Nero non troppo invecchiati, magari altoatesini o friulani.

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