Vini a bassa gradazione alcolica: il 56% degli italiani ritiene che saranno il fenomeno del prossimo biennio, rivela uno studio condotto da Nomisma per conto di Valoritalia. Un dato salito del 10% nell’arco di un solo anno. E così, mentre si parla e si discute dei vini dealcolati, un’altra innovazione si sta facendo (più discretamente) spazio: i vini che nascono “light” già in vigneto, con una gestione che contiene il grado zuccherino dell’uva (e quindi di alcol e di calorie in bottiglia), ma mantenendo i profumi e gli aromi più tipici. I mercati nord-europei chiedono già Pinot Grigio con circa 11 gradi e negli Stati Uniti una popolare campagna di opinione consiglia di scegliere le bottiglie contenenti al massimo due once di alcol (circa nove gradi).

Negli Usa la domanda dei vini NoLo (no e low alcohol) ha superato i 13 milioni di dollari e avanza con un tasso di crescita annuo del 7%. L’ultimo rapporto Iwsr (International Wine and Spirits Record) stima un ulteriore incremento a livello mondiale di 4 miliardi di dollari entro il 2028. Con i vini a ridotto tenore di alcol a fare da traino, in quanto alternativa sostenibile e “naturale” ai dealcolati, poiché prodotti senza l’aggiunta di additivi o mosti concentrati (e quindi zuccheri) e senza ricorrere a processi che incidono sulle loro caratteristiche sensoriali. Proprio quel che chiedono la GenZ e i Millennial, interessati alla mixology e al piacere del bere ma attenti anche all’imperativo della forma fisica e della naturalità.

Riuscire a coniugare l’esperienza del vino “classico” con un basso tenore di alcol e calorie sembra la quadratura del cerchio. Anche perché i dealcolati hanno un grosso limite: non possono essere realizzati con le indicazioni geografiche (Docg, Doc e Igt), ossia con il 76% della produzione italiana, e quindi non possono esprimere il territorio da cui provengono, perdendo così l’elemento centrale su cui finora è stata costruita la piramide della qualità in Italia. Tanto che alcuni produttori italiani stanno provando a intercettare la domanda di “low alcohol” improvvisando scelte tecniche come l’anticipo della vendemmia, blend inediti con vitigni diversi, oppure usando tecniche che inibiscano le fermentazioni in cantina, con risultati non sempre equilibrati dal punto di vista organolettico.

Ma c’è chi sta provando a cambiare le cose. Il Consorzio delle Venezie Doc (230 milioni di bottiglie nel 2024 e 95% di export) è stato il primo a decidere di cambiare il disciplinare per introdurre anche la versione a bassa gradazione alcolica naturale (nove gradi contro gli 11 minimi previsti oggi) del suo cavallo di battaglia: il Pinot Grigio, di cui realizza l’85% della produzione italiana. «Una svolta che può essere decisiva – spiega Stefano Sequino, direttore del Consorzio –perché si bassa su due punti di forza: un progetto di ricerca che coinvolge i più rinomati centri di sperimentazione vitivinicola italiani e la possibilità di valorizzare la tipologia a basso grado naturale nelle etichette».

“Naturale” significa che questo vino nasce già in vigna con un minor contenuto di etanolo, grazie all’identificazione degli areali produttivi più vocati e a un protocollo agronomico specifico in grado di rallentare la maturazione tecnologica in modo che, quando l’uva raggiunge il grado zuccherino programmato, mantiene anche il suo ricco corredo di aromi e di polifenoli. Alla base di tutto c’è l’individuazione delle uve più adatte, ovvero dei biotipi di Pinot Grigio più indicati per il basso grado. “Si tratta di un’autentica inversione a U – sottolinea Yuri Zambon, direttore di Vcr Vivai Cooperativi Rauscedo, realtà italiana leader del vivaismo viticolo mondiale coinvolta nel progetto di ricerca – visto che, da oltre sessant’anni, la selezione clonale (o il miglioramento genetico della vite) ha puntato invece a incrementare il tasso alcolico. Ora, invece, si tratta di cambiare prospettiva e gestire il territorio delle doc in modo nuovo, differenziando le produzioni e introducendo nuovi impianti dedicati solo a questi vini ‘speciali’ che consentono di allinearsi alla tendenze emergenti della domanda mondiale di vino”.

Condividere.
Exit mobile version