L’Università di Harvard ha intentato causa contro l’amministrazione Trump in risposta a quella che definisce una “campagna intimidatoria” volta a minare la sua autonomia accademica. Lo rende noto il New York Times. Al centro dello scontro, un pacchetto di misure che includono il blocco di miliardi di dollari in fondi federali per la ricerca scientifica e la richiesta, da parte del governo, di esercitare un controllo diretto su programmi, docenti e studenti.
L’azione legale, depositata in Massachusetts, denuncia un tentativo di “appropriazione politica” del sistema universitario attraverso accuse strumentali di antisemitismo e richieste considerate incostituzionali, come la revisione dei programmi legati a diversità e genere e la nomina di un supervisore esterno con poteri sulle decisioni accademiche.
Alan Garber, presidente dell’università, ha definito le pressioni “un attacco diretto alla libertà di insegnamento” e ha accusato il governo di voler decidere “chi assumere e cosa insegnare”. La TH Chan School of Public Health, che riceve quasi metà del proprio budget da fondi pubblici, è già stata costretta a ridimensionare i progetti.
L’amministrazione Usa ha giustificato le misure affermando che Harvard non garantisce condizioni adeguate per accedere ai fondi dei contribuenti e che ha permesso la diffusione di contenuti antisemiti. Ma la risposta dell’ateneo è netta: il governo, secondo la denuncia, avrebbe sfruttato le accuse come pretesto per colpire l’intero sistema dell’istruzione superiore.
L’accusa è anche di aver violato il Primo Emendamento, che protegge la libertà di espressione e l’indipendenza dell’insegnamento. Citando precedenti della Corte Suprema, Harvard difende il campus come “mercato delle idee”, un luogo dove il dibattito deve restare libero da ingerenze politiche.