L’appuntamento era comparso nell’agenda di Giorgia Meloni scatenando il panico tra gli addetti ai lavori del sistema moda. Era dai tempi di Matteo Renzi, il primo presidente del Consiglio a interessarsi palesemente al sistema moda – aveva inaugurato la fashion week milanese (correva l’anno 2016, era il 25 febbraio) – che un premier non manifestava pubblica attenzione (sebbene l’incontro fosse a porte chiuse) al mondo della moda. Il “blitz” della premier all’incontro tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy è sfumato a causa dell’anticipazione del Consiglio dei ministri, ma gli imprenditori e i manager del valle della filiera – associati a Fondazione Altagamma, che riunisce circa 130 marchi del lusso tra moda, ospitalità, nautica e automotive, e a Camera nazionale della moda italiana, che rappresenta i grandi brand della moda creativa – hanno comunque avuto un confronto con il ministro Adolfo Urso insieme ai vertici di Invitalia, Cdp, Sace e Ice. L’obiettivo, mai come in questo momento, è ben definito: cercare di trovare una soluzione alle criticità congiunturali e strutturali della moda. Che potrebbero aggravarsi con l’introduzione di nuovi dazi. E a questo scopo il titolare del Mimit ha presentato agli imprenditori il «piano moda», così viene definito in una nota, del Governo.

La moda in crisi stringe il focus sulla tutela della filiera

Proprio secondo i dati della Camera nazionale della moda italiana il sistema allargato a gioielli, beauty e occhiali ha chiuso il 2024 con ricavi in calo del 5,3% a 96 miliardi di euro e la ripresa potrebbe avvenire nel secondo semestre 2025. L’ultimo biennio, secondo il Monitor Altagamma Bain, è stato particolarmente critico per la produzione: il rallentamento del lusso ha causato un calo del 20-25% dei volumi produttivi. E la guerra commerciale che si profila all’orizzonte, le cose potrebbero anche complicarsi ulteriormente: i dazi potrebbero rallentare, oltre al mercato Usa, anche alcuni mercati europei colpiti dalle tariffe e frenare la ripresa della Cina che continua a essere rimandata.

Da qui la necessità di prendersi cura di tutta la filiera che, in dieci anni, ha perso 28mila addetti nel solo comparto tessile-moda-pelle e oltre 12mila imprese. Le Pmi della moda stanno soffrendo su più fronti: il calo degli ordinativi ha fatto schizzare la richiesta di cassa integrazione alle stelle, ma le aziende (che stanno facendo fatica a restituire i prestiti garantiti contratti durante la pandemia) sono a corto di liquidità e fanno fatica ad anticipare gli stipendi. Così anche la proroga della cassa integrazione varata dal Governo a ridosso del Natale è servita a poco: i fondi sono rimasti quasi intonsi. E la proroga ulteriore, che doveva essere contenuta nel Milleproroghe, non è passata. Restano sul piatto diversi temi: la trasformazione digitale e sostenibile, per esempio, che incombe nonostante il cambio di passo della Ue che con il pacchetto Omnibus dovrebbe sfrondare dell’80% e oltre le imprese tenute agli obblighi di governance e reportistica imposti dalla Csrd e Csddd.

Sul piatto l’assicurazione dei crediti commerciali e il protocollo legalità

«Credo sia il momento giusto per fare squadra, fare sistema in Italia e per questo abbiamo ritenuto doveroso presentare il piano innanzitutto a chi, anche per quello che di successo ha fatto nel mondo, conosce la forza del made in Italy – ha detto Urso al termine dell’incontro. Le prossime tappe sono segnate: «Martedì prossimo presenterò il piano alle associazioni della filiera e quindi il 24 di marzo al tavolo della moda che abbiamo già convocato. Il piano moda Italia per ripartire da dove abbiamo iniziato, dallo stile e della cultura italiani. Ora dobbiamo consolidare il nostro saper fare», ha concluso il ministro.

Tra i temi discussi durante l’incontro l’implementazione di un sistema di assicurazione dei crediti commerciali a condizioni di mercato, dedicato a distributori con posizioni dominanti, in quanto l’allungamento dei termini di pagamento ai fornitori rischia di avere ulteriore impatto negativo sulla distribuzione dei prodotti made in Italy; le modalità per affrontare la crisi di liquidità e la definizione di un “protocollo anti contraffazione e legalità” per la tutela dell’intero settore. Si è discusso – si legge nella nota – della necessità di sostenere il settore grazie alla interlocuzione tra Pubblico e Privato nonché dare il via ad eventuali interventi in equity per valutare possibili nuovi strumenti che favoriscano acquisizioni o partecipazioni nella filiera da parte dei brand.

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