Un’indagine sugli insegnanti italiani rivela una media di un suicidio al mese, con 110 casi dal 2014 al 2024. La causa principale sembra essere il burnout, e il sindacato Anief chiede urgentemente un intervento legislativo per tutelare il personale scolastico ed esorta il governo: “La politica non può continuare a fare finta di nulla”

Nel periodo compreso tra il 2014 e il 2024, sono stati registrati 110 suicidi tra gli insegnanti delle scuole italiane, una media di circa dieci casi all’anno, cioè quasi uno al mese, con l’eccezione dei mesi estivi.

A lanciare l’allarme è stato un medico esperto in malattie professionali degli insegnanti, Vittorio Lodolo D’Oria, che da 33 anni studia le problematiche legate a questa professione. Secondo la sua ricerca, gli insegnanti risultano essere la categoria lavorativa più esposta al rischio “suicidario”. Tra le tante cause c’è sicuramente quella del burnout, una condizione estrema di stress cronico e persistente che deriva dal contesto lavorativo. “La situazione è drammatica, ma nessuno sembra parlarne”, afferma il presidente del sindacato Anief, Marcello Pacifico, che sottolinea come il burnout tra i docenti sia una verità esistente e allo stesso tempo nascosta da troppo tempo.

Un ulteriore dato preoccupante, sottolineato dallo studio, riguarda il 35 per cento dei docenti che sarebbe arrivato al punto di valutare seriamente l’idea di licenziarsi.

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Considerata la mancanza di dati nazionali sui suicidi suddivisi per professione, il medico ha raccolto “informazioni attraverso le notizie di cronaca pubblicate dai quotidiani locali e nazionali” arrivando alla conclusione che “la frequenza corrisponde a circa un suicidio al mese, escludendo i mesi estivi di luglio e agosto”.

La necessità di un intervento legislativo

Per affrontare la condizione di burnout e migliorare le condizioni di lavoro degli insegnati, il sindacato Anief ha chiesto urgentemente un intervento normativo: sono stati fatti diversi tentativi per sensibilizzare la politica, con audizioni in Parlamento, incontri con senatori e deputati e petizioni online che hanno già raccolto circa 100mila adesioni. La proposta è di introdurre una legge specifica che preveda, tra le altre cose, il pensionamento del personale scolastico a 60 anni, con la possibilità di continuare a lavorare fino ai 67 anni in ruoli di tutoraggio e riconoscere il riscatto gratuito degli anni universitari per il personale docente.

“Quando un docente ogni tre ammette che vorrebbe licenziarsi significa che c’è un malessere strisciante tra la categoria”, ha dichiarato il sindacato, per poi concludere: “La nostra petizione vuole equiparare il personale della scuola a quello della forze armate e della polizia e ha raccolto circa 100 mila adesioni. A questo punto la politica non può continuare a fare finta di nulla”.

Italia sotto accusa dalla Commissione Ue

L’Unione Europea a ottobre 2024 ha sottoposto l’Italia alla Corte di giustizia per non aver posto fine all‘eccessivo ricorso ai contratti a tempo determinato nel settore scolastico e per il mancato riconoscimento di condizioni salariali eque per i docenti precari. Secondo la Commissione, l’Italia non ha adottato le misure necessarie per prevenire trattamenti discriminatori tra il personale scolastico e continua aricorrere in maniera eccessiva a contratti temporanei. La normativa sugli stipendi dei docenti precari, che non prevede una progressione retributiva basata sull’esperienza maturata, rappresenta una disparità di trattamento rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato. Bruxelles ha così giudicato inadeguati gli interventi del governo italiano e ha quindi deciso di portare la questione davanti alla giustizia europea.  Negli ultimi anni, intanto, l numero di docenti con contratto a tempo determinato è aumentato in modo esponenziale: se nell’anno scolastico 2015-16 erano circa 100mila, hanno poi raggiunto i 235mila nel 2022-23, almeno secondo i dati di Tuttoscuola.

Per quanto riguarda il 2023-2024 i sindacati parlano di 250mila precari, mentre il Ministero dell’Istruzione ne riconosce 160mila. Per il 2025 bisogna ancora attendere.

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