I punti chiave

  • Errori strategici
  • Finanziare progetti in comune
  • Progetti in comune

«All’Europa occorre un nuovo tipo di leadership, che riesca a superare il giogo dei veti costanti delle minoranze, occorre un gruppo di leader che diano vita a un diverso organismo aperto a tutti coloro che vogliono aderirvi e che riprenda nello spirito ciò che è stato scritto nel 1957 con il Trattato di Roma». All’Europa serve dunque ritornare al respiro di una nuova fase costituente – è il messaggio chiaro che arriva dalla lectio magistralis di Sergio Fabbrini, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli ed editorialista de Il Sole 24Ore intervenuto a Trento sul tema «Democrazie divise tra Putin e Hamas».

Errore strategico

Una Europa che non deve commettere l’errore strategico di puntare a trasformarsi in un terzo polo tra Oriente e Occidente, e un’Europa che deve necessariamente evolversi per sollevare lo sguardo, o meglio “allungare il collo del cigno”, per sollevarsi dalla mera pianificazione di breve periodo verso orizzonti temporali più ampi. Stimolato dalle domande del vicedirettore del Sole 24Ore Alberto Orioli Fabbrini si è soffermato sui punti di forza e su quelli di debolezza mostrati dall’Unione nel corso di questi quattro anni trascorsi tra l’emergenza Covid e la doppia crisi bellica in Ucraina e a Gaza.

Un illuminista nel XXI secolo

«Il mio contributo come studioso – ha affermato Fabbrini – è quello di “illuminare”, come nel ’700, i percorsi ancora da compiere: per esempio quello del completamento dell’Unione economica e monetaria. Mi chiedo: è possibile che l’unione bancaria sia ancora bloccata dalla crisi dei debiti sovrani dell’inizio del decennio scorso? È inaccettabile che questo blocco sia determinato da una lobby, quella tedesca, che sul tema sembra avere più diritti di parola di altri».

Il miracolo del Next generation Ue

«D’altra parte – ha proseguito Fabbrini – L’Europa ha saputo fare cose miracolose nel corso della pandemia: pensate alla Next Generation Ue, nel corso di cinque giorni di incontri tra il 17 e il 21 luglio del 2020 i 27 capi di Governo dei Paesi membri, dopo un lavoro enorme da parte soprattutto del Governo francese di quello italiano di allora, senza dimenticare quello del commissario economico Gentiloni, sono giunti a una determinazione importantissima: per la prima volta si è introdotta la possibilità, per la Commissione europea, di fare debito e di usarlo per aiutare gli Stati membri a uscire dall’emergenza. Qui l’Europa ha compiuto un salto enorme». Un salto che probabilmente sono in pochi ad avere compreso appieno.

Finanziare progetti in comune

«Ma si può fare ancora di più– ha aggiunto Fabbrini – è stato importantissimo raccogliere quei 780 miliardi di euro del Pnrr e quel fondo a tutt’oggi serve per essere distribuito agli Stati membri, com’è giusto che sia. A parer mio però una parte di quei fondi dovrebbe essere utilizzato dalla Commissione per produrre beni pubblici europei, infrastrutture europee, tecnologie europee; attività che non sono legate a uno Stato nazionale ma che sono a disposizione degli Stati membri. Penso, per esempio, a una piattaforma che produca tecnologie per la sicurezza, anche militare, che vada utilizzata in funzione sovranazionale.

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