Chi pensava che la battaglia fra broadcaster storici e piattaforme digitali si giocasse solo sui contenuti, non può ora non avere la prova che c’è un altro spartiacque: la prima schermata della tv connessa. Ad ora, forse, il vero terreno di battaglia fra Ott e Tv legacy. Non più una sfida sul “cosa guardiamo”, ma anche sul “come arriviamo a guardarlo”.
Il nodo dell’accesso
L’Agcom ha infatti approvato «le nuove Linee guida per garantire la prominence dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale (SIG) che sostituiscono le precedenti Linee guida, adottate con la delibera n. 390/24/CONS in diretta applicazione di quanto disposto dall’articolo 29, commi 1 e 2, del Testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi». Al centro della formulazione esplicitata dal comunicato Agcom c’è la “prominence”: parola inglese che, nei fatti, traduce tutta la tensione – politica, economica e culturale – delle televisione tradizionali per riconquistare, o almeno difendere, il proprio posto sulle schermate delle smart tv, box set, dongle, autoradio e quant’altro sarà collegato a Internet, a partire dai nuovi modelli in uscita.
La contesa fra Tv e Netflix & Co.
Dietro la terminologia tecnica, c’è un tema che riguarda chiunque accenda un televisore oggi: in un mondo dove il telecomando non ha più numeri e le schermate iniziali delle smart Tv portano, con rapido colpo d’occhio e di click, verso Netflix, Amazon Prime o YouTube, dove finiscono Rai, Mediaset, La7 e tutte le radio nazionali e locali? L’indicazione di Agcom è chiara: bisogna garantire alla tv tradizionale e ai servizi di interesse generale (i cosiddetti Sig), una posizione di preminenza e un accesso privilegiato sulle interfacce utente dei dispositivi connessi, perché il loro business è messo concretamente a rischio dagli automatismi digitali e dalle logiche di app che mettono le piattaforme al centro dell’esperienza di visione, relegando l’informazione generalista, pubblica e storica in fondo alla fila.
Ai produttori un anno per adeguarsi
Il provvedimento non arriva senza polemica: il voto contrario della commissaria Elisa Giomi e la lunga consultazione, caratterizzata dalle resistenze passate di produttori di dispositivi e giganti del digitale come Samsung e Google, attestano quanto il tema sia divisivo. A ogni modo, Agcom ha ridefinito ridefinisce le regole del gioco. Già a giugno è entrata in vigore la previsione della precedente delibera 390/24/CONS con l’obbligo di inserire nella schermata iniziale delle smart Tv l’icona della Tv digitale terrestre. A valle della nuova delibera approvata due giorni fa da Agcom – e dopo 12 mesi dalla pubblicazione e dunque presumibilmente nel 2027 essendo la pubblicazione prevista con ogni probabilità con il nuovo anno – i produttori di device e delle smart Tv dovranno adeguarsi e nella home page delle smart tv dovranno apparire, oltre all’icona blu che richiama il digitale terrestre, le app dei cinque principali broadcaster italiani (Rai, Rti Mediaset, La7, Sky Italia, Warner Bros Discovery Italia), un’icona per le tv locali, una per le nazionali escluse dal gruppo e una per le radio. Nove icone in tutto, l’indice di una massa critica che ridisegna la mappa del potere televisivo sull’interfaccia. L’offerta all’interno delle app dovrà riguardare la proposta online delle emittenti.
Non solo tv: la novità si estende anche alle autoradio e ai sistemi di infotainment auto, con l’inclusione di tutti i servizi radiofonici broadcast analogici e digitali, dai canonici Fm e Am fino al Dab, riconosciuti come servizio pubblico e universale, essenziale anche in situazioni di emergenza. Le misure saranno obbligatorie per i nuovi dispositivi, lasciando libertà di personalizzazione per le modalità di visualizzazione, in linea con il regolamento europeo sulla libertà dei media. Per i dispositivi già acquistati scatterà invece un aggiornamento automatico, che sarà a carico del produttore del device o del fornitore di software.
