La digitalizzazione sta trasformando radicalmente l’anatomia patologica, disciplina medica centrale per la diagnosi delle malattie, in particolare dei tumori. Grazie alla digital pathology si possono avere impatti significativi sull’intero percorso clinico del paziente, soprattutto nell’ambito dell’oncologia di precisione. Come spiega Nicola Fusco, direttore della divisione di Anatomia patologica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano: «alla diagnosi tradizionale istopatologica, basata sull’osservazione dei tessuti, oggi affianchiamo il test dei biomarcatori attraverso tecniche avanzate di sequenziamento di nuova generazione (Ngs). Queste metodiche, che oggi possono essere applicate sia al tessuto che alla cosiddetta “biopsia liquida” (ovvero l’analisi del Dna tumorale circolante nel sangue), permettono di caratterizzare in profondità il profilo genetico e molecolare del tumore, e arricchiscono e completano la diagnosi tradizionale, rendendola più precisa e più predittiva. Si tratta di approcci diagnostici altamente complessi e tecnologicamente avanzati».
Così anche il ruolo del patologo si è evoluto, «divenendo centrale non solo nella diagnosi, ma anche nell’orientamento terapeutico sulla base del profilo molecolare dei tumori – afferma Fusco -. In questo contesto, la digital pathology rappresenta una vera rivoluzione non solo tecnologica ma anche culturale».
Dai vetrini fisici alle banche dati integrate
Per decenni, l’analisi istopatologica si è basata sullo studio al microscopio di campioni tessutali, un processo che richiede grande esperienza e attenzione.
La digitalizzazione dei vetrini, ovvero la conversione delle immagini microscopiche in immagini digitali ad alta risoluzione, consente una diagnosi più rapida e riproducibile: «una volta digitalizzate, le immagini vengono analizzate dal patologo su monitor ad altissima definizione, favorendo una valutazione più uniforme e standardizzata», sottolinea Fusco, perché un campione di tessuto non è più confinato alla visione di un singolo patologo, ma può essere facilmente condiviso in formato digitale con altri specialisti. Inoltre, queste immagini possono essere analizzate da sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale (IA).
Algoritmi capaci di svelare l’invisibile
Proprio la possibilità di utilizzare algoritmi di IA è l’altra grande novità: «questi strumenti non solo supportano la diagnosi, ma forniscono anche informazioni che non possono essere date dall’uomo, perché sono in grado di vedere ciò che è invisibile all’occhio, e ciò apre nuove prospettive nella comprensione delle malattie».