Dice Matteo Salvini: «Con Donald alla Casa Bianca non ci sarà bisogno di altre armi a Kiev». Il vicepremier e leader della Lega non ha perso tempo per battere cassa. Lui che di Trump – rivendica – si è sempre dichiarato pubblicamente sostenitore («altri nel centrodestra la pensavano in modo diverso, è evidente») intravede nella vittoria del candidato repubblicano l’uscita dal suo personale Purgatorio. Due anni e mezzo passati a doversi difendere dai sorpassi di Forza Italia mentre Giorgia Meloni continuava a mietere successi con i suoi Fratelli. Ora – ne è convinto – la musica cambia.
Il legame di ferro con Orban
E i primi a doverlo capire sono proprio gli alleati del centrodestra. Anche perché Salvini non è solo ma in buona compagnia dei Patrioti guidati dal premier ungherese Viktor Orban, ossia il principale portavoce del Trump-pensiero in Europa. Soprattutto sulla questione ucraina. Orban si è sempre detto contrario (come Donald) a finanziare e ad armare Kiev e in questi due anni e mezzo di guerra i suoi veti si sono moltiplicati. In più di un’occasione è stata proprio Meloni a tentare (e a trovare in alcuni casi) il compromesso per uscire dall’impasse provocato dal leader magiaro. Ora però il gioco è completamente cambiato. Orban si sente più forte di prima e le resistenze sono destinate ad aumentare. Un po’ come Salvini.
Telefonata Meloni-Trump
L’obiettivo è fermare il tempo fino a quando Donald non si sarà insediato alla Casa Bianca. Ma in questo limbo le fibrillazioni sono destinate ad aumentare. Anche in Italia. E in particolare nella maggioranza. Queste uscite di Salvini sulle armi ne sono la conferma. Per arginarlo Meloni proverà ad accelerare il via libera al nuovo pacchetto di aiuti a Zelensky. La premier al termine della giornata ha fatto sapere di aver parlato direttamente con Trump e al centro del colloquio ci sono state proprio le crisi in Ucraina e Medio Oriente sulle quali – riporta una nota di Palazzo Chigi – «hanno espresso la volontà di lavorare in stretto coordinamento».
I fronti manovra, migranti e giustizia
Questa delle armi però è solo “una” delle fiches che il leader della Lega proverà a giocarsi per mantenere accesi i riflettori. Sulla manovra ma soprattutto su migranti e giustizia si prepara a lanciare la sua personale riscossa in vista dell’appuntamento del 20 dicembre, quando arriverà la sentenza per il processo Open Arms. Un aumento della temperatura che non è detto Meloni apprezzerà. Salvini da parte sua annuncia che sta “lavorando” a un viaggio negli Usa con destinazione è Washington Dc. Ma è probabile che anche stavolta Meloni lo brucerà sul tempo.