Due realtà distinte che lavorano “in parallelo”, ma convergono su alcuni punti strategici e decisivi per il futuro del settore. E lo fanno sotto un unico cappello, quello di Confindustria.

A un anno dalla disgregazione della Confindustria Moda nata nel 2018 sotto l’allora presidente Claudio Marenzi, torna in campo l’alleanza tra la filiera della pelle (Assocalzaturifici, Assopellettieri, Unic e Aip) denominata Confindustria Moda Accessori e il comparto del tessile-abbigliamento che, dal 1°gennaio, da Sistema Moda Italia (Smi) cambierà il proprio nome in Confindustria Moda – Federazione Tessile Moda. «L’anno scorso abbiamo esercitato il diritto di recesso: un passo indietro fatto per poi farne tre avanti. Oggi torniamo sotto un cappello nel quale ci riconosciamo tutti e credo che, avendo fatto chiarezza su una serie di questioni, le “trasmissioni” da ora in poi funzioneranno ancora meglio. Abbiamo bisogno di alzare la voce su determinati temi, di partecipare ai tavoli “giusti” con una voce unica e di una politica industriale vera che, specialmente in questo settore, è mancata», ha detto Sergio Tamborini, che dal 1°gennaio passerà dalla carica di presidente di Smi a quella di presidente di Confindustria Moda.

La ritrovata sinergia sarà funzionale anche ad affrontare il momento critico che sta vivendo il settore: la moda made in Italy, che conta circa 600mila addetti e 60mila imprese, ha un fatturato intorno ai 100 miliardi di euro di ricavi ed essendo il secondo esportatore al mondo di prodotti tessili genera un saldo commerciale che nel 2023 ha superato i 26 miliardi di euro. Il 2024 è stato un anno complesso: «Ci apprestiamo a chiudere il terzo semestre con numeri negativi e ce ne aspetta almeno un altro così – continua Tamborini –. La crisi è strutturale: è un momento di transizione dettata dal cambio dei consumi, dall’impatto della sostenibilità e dalle incertezze geopolitiche e le aziende vanno accompagnate in un momento che per molti sarà di ristrutturazione».

È più positiva Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Moda Accessori, che auspica una ripresa già nel corso del prossimo anno, ma non nasconde le difficoltà del presente: «La filiera della pelle conta 10.200 imprese, 140.800 addetti e 33 miliardi di euro di ricavi, ma il 2024 è stato un anno da incubo: nel primo semestre ha registrato un calo della produzione in volumi del 15,8% – con, questa volta nei nove mesi tra gennaio e settembre, un -19,3% per la pelletteria e un -18,6% per le calzature – e un fatturato in flessione dell’8,7% ed export a -8,2% (questa percentuale si riferisce al periodo tra gennaio e maggio). Il nostro compito è quello di difendere i diritti dei nostri associati, fare rete, creare posti di lavoro accattivanti per i giovani e diventare più tecnologici e green, temi che tocchiamo con mano quotidianamente. Stare insieme vuol dire avere più valore e più vantaggi e, sebbene ci siano differenze tra noi e il tessile, gli obiettivi sono gli stessi».

Tra le questioni che le due federazioni dovranno affrontare ci sono la risoluzione della controversia sul credito d’imposta per ricerca e sviluppo per il periodo 2015-2019, che a oggi non ha visto una risoluzione in linea con le attese delle aziende che si aspettavano la riaffermazione della «certezza del diritto»; la partecipazione congiunta al Tavolo della Regione Lombardia per combattere il caporalato, la formazione dei giovani e riqualificazione dei lavoratori, fondamentale per lo sviluppo di competenze specialistiche, indispensabili in un mercato in continua evoluzione. Infine, la promozione internazionale della moda made in Italy. Possibile anche un dialogo per unificare il contratto di lavoro.

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