Diversa, e decisamente meno ironica, la reazione di Trump. Mercoledì, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, un giornalista lo ha interrogato direttamente sul significato dell’acronimo. Visibilmente infastidito, l’ex presidente ha replicato seccamente: «È una domanda sgradevole. Non dite mai più quella parola», rifiutandosi di entrare nel merito. Poco dopo, i suoi portavoce hanno bollato il termine come “una provocazione giornalistica priva di fondamento”.

La stampa estera rilancia (e ironizza)

L’episodio ha avuto risonanza anche al di fuori degli Stati Uniti. In Canada, la CBC ha ripreso l’origine del soprannome con un’intervista proprio ad Armstrong, che ha chiarito l’intento ironico ma informativo del termine, spiegando che “i mercati hanno imparato a non prendere troppo sul serio le minacce tariffarie di Trump, perché spesso non si concretizzano”.

Trump definito “taco trade” si irrita con la stampa: “Io non mi tiro indietro”

Anche in Europa, diverse testate — dal Guardian britannico a Les Echos in Francia — hanno dedicato spazio al caso, sottolineando come l’ennesimo scontro tra Trump e la stampa rifletta una dinamica consolidata: quella di un leader che, a fronte di critiche pubbliche, tende a delegittimare i media piuttosto che rispondere nel merito delle osservazioni.

Un rapporto difficile (e strategico) con i media

Il caso TACO non è isolato, ma si inserisce in un più ampio rapporto conflittuale tra Trump e il mondo dell’informazione. Fin dai tempi del suo primo mandato, l’ex presidente ha fatto della guerra ai “fake news media” una componente fondamentale della sua comunicazione, trasformando i media tradizionali — e in particolare testate come il New York Times, la CNN e il Washington Post — in bersagli costanti della propria narrativa politica.

Questa ostilità, lungi dall’essere solo reattiva, si è rivelata un’arma politica: ogni attacco giornalistico viene presentato come prova di un complotto mediatico, galvanizzando la base elettorale e spostando l’attenzione dal merito delle critiche. Anche nel caso di “TACO”, l’ironia economico-finanziaria si è trasformata in un’altra occasione per alimentare la retorica anti-media.

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