«Tra possibili dazi, frenata della Germania e guerre le incognite sono davvero tante. Direi che il 2025 è un anno in bilico». L’osservatorio di Pietro Almici, presidente di Anima, spazia su un universo ampio, quello della meccanica varia. Macroarea di 34 associazioni, 222 mila addetti e oltre 55 miliardi di ricavi, che chiude il 2024 in tono minore, così come gran parte dell’economia. Una frenata in valori correnti di un punto che al netto dei prezzi diventa un calo di quattro punti in termini reali.
«Gli andamenti sono variegati – spiega – ma in generale a perdere terreno è l’area dell’edilizia, l’ampio indotto che aveva tratto beneficio dal superbonus e che ora insieme rallenta in sintonia con la frenata di ristrutturazioni e costruzioni. Altrove il quadro è meno negativo, come ad esempio nel settore della movimentazione. Però, in generale si vede un quadro complicato, con portafogli ordini più scarichi che in passato».
Se per energia, sicurezza, logistica, tecnologie per prodotti alimentari e per l’industria nel 2024 si registra un progresso limitato a qualche decimale, è in effetti l’ampia area legata all’edilizia (quasi 20 miliardi di ricavi, tra caldaie, valvole, rubinetti ecc…) a soffrire maggiormente, con una riduzione di produzione in termini reali vicina al 4%, dopo il balzo di quasi dieci punti del 2023.
A rendere ora complesse le previsioni sul 2025 è però anzitutto l’incertezza internazionale, variabile critica per un comparto che realizza all’estero più della metà del proprio giro d’affari, oltre 32 miliardi nel 2024.
«Da molti mesi il nostro principale mercato di sbocco, cioè la Germania, è in rallentamento deciso. Le aziende stanno cercando di diversificare altrove, ad esempio spingendo in modo più convinto le vendite verso gli Stati Uniti. Ora però Trump minaccia di imporre dei dazi e questo naturalmente rappresenterebbe un problema serio per tutta la meccanica». Limiti all’export che già sono presenti per numerosi prodotti nei confronti della Russia. «Capita anche per rubinetti e valvole, che sono considerati prodotti dual use, e in cui l’azienda, per vendere, dovrebbe certificare l’identità dell’utilizzatore finale, un dato impossibile da raccogliere. La stima è che questo blocchi 300 milioni di euro di export e sarebbe bene definire meglio il perimetro delle sanzioni per evitare di bloccare semplici prodotti per l’utilizzo civile».