Un calo dell’export che allarma e impensierisce. Mentre da un lato si parla della Sicilia come regione in crescita, dall’altro i dati Unioncamere Sicilia mettono in allarme segnando un brusco calo dell’export nel terzo trimestre di quest’anno: persi, dicono, 800 milioni di fatturato (da 3 miliardi e 801 milioni del terzo trimestre 2023 a 3 miliardi e 24 milioni di luglio-settembre 2024) facendo abbassare il bilancio dei nove mesi di vendite all’estero da 10,4 miliardi di gennaio-settembre 2023 a 9,8 miliardi dello stesso periodo di quest’anno, con una flessione del 5,9%. Una perdita di quote di mercato estero che ha colpito quasi tutti i settori. Ma c’è anche un problema sul mercato interno, spiega Unioncamere Sicilia, che interferisce con la crescita e che è nascosto nel commercio e nei consumi. «L’ufficio studi di Confcommercio nazionale, diretto da Mariano Bella – si legge in una nota – segnala che, mentre il Pil dell’Isola continua a crescere più velocemente del resto d’Italia (+1,3% nel 2023 e +1,9% nel 2024 la stima annua), i consumi delle famiglie sono fermi o in calo, essendo scesi su base annua dall’1% del 2023 allo 0,8% del 2024 pur in assenza di fenomeni inflattivi scoraggianti».
«Ecco spiegato come mai certi numeri macroeconomici settoriali calano malgrado la crescita generale del Pil siciliano – dice Giuseppe Pace, presidente di Unioncamere Sicilia – . Questo trend conferma l’attualità del messaggio dell’ex premier Mario Draghi, che nel Documento europeo sulla competitività esorta a ridimensionare l’attuale modello economico basato prevalentemente sulle esportazioni spinte e a riportare l’attenzione sul sostegno ai consumi interni favorendo la nascita di nuove produzioni locali, l’aumento dell’occupazione e il rinnovo dei contratti di lavoro per irrobustire i salari e incrementare il potere d’acquisto delle famiglie. Gli ultimi provvedimenti dei governi nazionale e regionale vanno in questa direzione e già stanno dispiegando i loro effetti benefici in termini di numero di assunzioni e di consistenza dei redditi delle famiglie, parlando, ad esempio, dei tagli fiscali su buste paga e tredicesime e dei vari bonus».
Le minori vendite, spiegano sempre da Unioncamere, ha indebolito l’intero settore commerciale regionale, che rappresenta il 54,2% del tessuto economico della Sicilia, contro il 20% ciascuna di agricoltura e industria. Il presidente di Unioncamere Sicilia lancia un appello «a tutti consumatori siciliani affinché prendano consapevolezza delle migliorate condizioni generali, ritrovino fiducia e coraggio e, a partire dalle imminenti festività, sostengano la ripartenza degli acquisti privilegiando prodotti siciliani e, sia pure nel rispetto della libera concorrenza, i piccoli negozi di vicinato che, stoicamente, resistono alla diffusione delle vendite online e della grande distribuzione e, sebbene stia soffrendo una profonda crisi, continuano a garantire quel servizio di consulenza, assistenza e selezione di qualità che è indispensabile per soddisfare le esigenze particolari di quella fascia più debole della popolazione rappresentata da pensionati, anziani e soggetti fragili».
«Mi rivolgo anche alle imprese – conclude Pace – , a quelle manifatturiere e in particolare modo ai ristoratori che devono preparare i banchetti festivi: riprendano gli investimenti utilizzando tutti gli incentivi messi a disposizione da Stato e Regione e per le forniture diano la preferenza al Made in Sicily».