
Continua a crescere e investire ma non nasconde le proprie inquietudini. E’ il Distretto ortofrutticolo del sud-Est della Sicilia (Doses) con sede a Vittoria in provincia di Ragusa. L’Osservatorio 2025 restituisce il quadro di un sistema ortofrutticolo strutturato, uno dei maggiori del Mezzogiorno, con oltre 170 imprese attive, un fatturato aggregato che supera i 450 milioni e una base produttiva che copre più di 3.000 ettari coltivati, per metà in serricoltura. Numeri che raccontano solidità economica e capacità di tenuta, confermate dal fatto che oltre sei aziende su dieci hanno registrato un aumento del fatturato nel biennio 2023-2024. «Ciò che emerge dall’Osservatorio 2025 è la conferma che il modello distrettuale continua a rappresentare uno strumento indispensabile per affrontare la complessità dei mercati – dice Antonino Di Paola, presidente del Doses –. La capacità di tenuta e crescita registrata nel biennio precedente deriva dalla forza di un sistema che sa fare rete, condividere risorse e strategie. La sfida davanti a noi è duplice: consolidare l’integrazione di filiera che molte imprese stanno costruendo e rafforzare il presidio dei mercati esteri mantenendo il radicamento su quello interno. Il territorio del Sud-Est ha dimostrato un’imprenditorialità dinamica e resiliente, ma il futuro richiede un salto di qualità sul piano infrastrutturale e logistico». Il distretto Doses appare come un sistema che ha imboccato con decisione la strada dell’innovazione, ma che chiede ora politiche mirate e investimenti strutturali per trasformare la cautela in fiducia e rendere duraturo il percorso di crescita.
Dalla produzione primaria alla filiera integrata
Accanto ai risultati economici, emerge con forza la trasformazione del modello produttivo. Il distretto non è più solo produzione primaria: una quota crescente di imprese ha integrato confezionamento, commercializzazione e, in alcuni casi, trasformazione, nel tentativo di presidiare più fasi della filiera e difendere il valore aggiunto. L’orticoltura resta l’asse portante del sistema, ma il dato più rilevante è l’evoluzione qualitativa delle pratiche agricole. L’adozione di energie rinnovabili, irrigazione di precisione, sensori ambientali e tracciabilità non rappresenta più una nicchia, mentre la riduzione dell’uso di fitofarmaci e l’efficientamento della risorsa idrica indicano una transizione ambientale già in atto.
Lavoro e mercati: una crescita ancora fragile
Anche sul fronte occupazionale il distretto mostra una massa critica rilevante, con oltre 3.000 addetti, pur all’interno di un sistema ancora fortemente segnato dalla stagionalità. Il mercato interno rimane il principale sbocco commerciale, ma l’export – soprattutto verso Germania e Francia – rappresenta una direttrice strategica che richiede strutture logistiche e organizzative più solide.
Il nodo del futuro: tra clima e incertezza
È proprio guardando al futuro che il quadro si fa più sfumato. La “media ponderata” delle risposte delle imprese restituisce un sentiment prudente: il 51% esprime incertezza, il 45% mantiene una visione positiva e solo il 4% guarda con pessimismo ai prossimi dieci anni. Un dato che non segnala arretramento, ma una consapevolezza diffusa delle sfide in arrivo. I cambiamenti climatici sono percepiti come il principale fattore di trasformazione, seguiti dall’innovazione tecnologica, dalla progressiva riduzione dei prodotti fitosanitari disponibili e dall’evoluzione dei consumi. Sullo sfondo restano nodi strutturali irrisolti: infrastrutture logistiche, gestione delle risorse idriche, manodopera qualificata e supporto istituzionale. Per il direttore Gianni Polizzi, l’incertezza non va letta come un segnale di debolezza. «L’Osservatorio fotografa una filiera in transizione che sta metabolizzando cambiamenti profondi. La riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari, l’adozione di pratiche sostenibili, l’investimento in energie rinnovabili e agricoltura di precisione sono risposte necessarie a un contesto che cambia rapidamente. I cambiamenti climatici sono una realtà quotidiana e le imprese lo hanno compreso. L’incertezza sul futuro espressa da oltre metà delle aziende non è rassegnazione, ma consapevolezza che servono strumenti nuovi per gestire scenari inediti».