Le persone singole possono accedere all‘adozione internazionale dei minori stranieri in stato di abbandono. Il via libera arriva dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza 33, si muove sul filo dell’evoluzione dell’ordinamento interno e delle Convenzioni sovranazionali, E bolla come illegittimo l’articolo 29-bis, comma 1, della legge numero 184 del 1983, nella parte in cui esclude dall’adozione di un minore residente all’estero le persone non coniugate. Una preclusione in contrasto con gli articoli 2 e 117, primo comma, della Carta, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il giudice delle leggi afferma la contrarietà del no opposto a chi ha lo stato “libero” all’adozione internazionale, con l’articolo 8 della Cedu che tutela il rispetto alla vita privata e familiare. E lo fa anche in assenza di un intervento della Corte di Strasburgo, che censuri l’esclusione delle persone singole dalla possibilità di essere dichiarate idonee all’adozione internazionale. Una circostanza che non impedisce di valutare la violazione dell’articolo 8 Cedu nel coordinamento con l’articolo 2 della Costituzione.
L’interesse del minore
Per la Corte costituzionale, infatti, la disciplina dichiarata illegittima comprimeva in modo sproporzionato l’interesse dell’aspirante genitore a rendersi disponibile rispetto a un istituto, come l’adozione, ispirato a un principio di solidarietà sociale a tutela del minore.
Secondo la Corte, l’interesse a divenire genitori, pur non attribuendo una pretesa ad adottare, rientra nella libertà di autodeterminazione della persona e va equilibrato insieme ai molteplici e su interessi del minore, nel giudizio sulla non irragionevolezza e non sproporzione delle scelte operate dal legislatore. La Corte ha, dunque, rilevato che le persone singole sono in astratto idonee – come dimostra l’evoluzione della legislazione interna e dalla Convenzione dell’Aja che riconosce il diritto all’adozione internazionale per i single – ad assicurare al minore in stato di abbandono un ambiente stabile e armonioso. Fermo restando che spetta poi al giudice accertare in concreto l’idoneità affettiva dell’aspirante genitore e la sua capacità di educare, istruire e mantenere il minore. Una verifica che può tenere conto anche della rete familiare di riferimento dell’aspirante genitore. Evidenziate le garanzie poste a tutela del minore, la Corte ha anche osservato che, nell’attuale contesto giuridico-sociale caratterizzato da una significativa riduzione delle domande di adozione, il divieto assoluto imposto alle persone singole rischia di “riflettersi negativamente sulla stessa effettività del diritto del minore a essere accolto in un ambiente familiare stabile e armonioso”.
La rete familiare
Nel valorizzare il peso che può avere anche la famiglia di origine dell’adottante nel creare una rete di “affetti” per il minore la Consulta ricorda le sentenze n. 183 del 2023 e n. 79 del 2022, con le quali ha passato un colpo di spugna sull’obbligo di interrompere i rapporti con la famiglia di origine del minore e sull’impossibilità di stabilire legami di parentela con la famiglia dell’adottante.
Il giudice delle leggi precisa dunque che se “deve ritenersi che la persona singola è idonea a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso, d’altro canto, l’esigenza, sottesa alla scelta del legislatore, di assicurare all’adottato «la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori» (sentenza n. 198 del 1986) non viene perseguita con un mezzo idoneo e proporzionato”.