A Downing Street la chiamano già “la più internazionale delle economiste britanniche”. Nata in Egitto, cresciuta tra gli Stati Uniti e il Regno Unito, Minouche Shafik – economista con dottorato a Oxford, ex vicegovernatrice della Bank of England e già numero due del Fondo monetario internazionale – è la nuova consigliera economica di Keir Starmer.
La scelta cade in un momento delicato: il governo laburista deve preparare una legge di bilancio di novembre che sarà decisiva per rilanciare la crescita e rassicurare mercati e investitori dopo un primo anno turbolento di Starmer, segnato da sondaggi in calo e tensioni con il Tesoro. Shafik, dicono i suoi sponsor a Westminster, potrà fare da ponte tra il premier e la cancelliera Rachel Reeves, assicurando maggiore coordinamento su dossier fiscali e industriali. La sua credibilità internazionale e la sua rete costruita in decenni di incarichi a Londra, Washington e New York sono viste come un vantaggio per rafforzare il dialogo con investitori e partner stranieri, in un momento in cui la fiducia nella politica economica britannica appare fragile.
Un curriculum globale
Il profilo di Shafik è raro anche per gli standard cosmopoliti di Whitehall. Dopo un inizio alla Banca Mondiale – dove a 36 anni divenne la più giovane vice president della storia dell’istituzione – ha lavorato a Washington come deputy managing director dell’Fmi. Tornata a Londra nel 2014, ha assunto il ruolo di vice governatore della Bank of England per i mercati e il banking system, navigando anni turbolenti segnati dalle conseguenze della crisi finanziaria globale.
La sua carriera l’ha resa un volto familiare non solo nelle istituzioni, ma anche nel dibattito accademico e pubblico: è entrata alla House of Lords nel 2020, ha scritto e parlato spesso di disuguaglianze, proponendo già nel 2018, sulle colonne del Fmi, di esplorare forme di tassazione della ricchezza – dall’eredità agli immobili – per garantire “giustizia intergenerazionale” e sostenere la mobilità sociale.
L’esperienza controversa a Columbia
Il suo ultimo incarico, però, ha lasciato cicatrici. Nominata presidente della Columbia University nel 2023, si è trovata a gestire una crisi politica e sociale esplosiva: le proteste pro-palestinesi esplose nel 2024 in seguito alla guerra tra Israele e Hamas. Nel giro di pochi mesi Shafik è stata accusata dalla destra di tollerare l’antisemitismo nei campus, mentre la sinistra le ha rimproverato il ricorso alla polizia per sgomberare gli accampamenti studenteschi. La sua testimonianza davanti al Congresso Usa, percepita da molti docenti come troppo accondiscendente verso le pressioni politiche, ha ulteriormente eroso la fiducia interna.