“Non siamo i più intelligenti sulla Terra e dovremmo esserne felici”

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“Al massimo tra tre anni non saremo più gli esseri più intelligenti sul pianeta“: a ricordarlo è Mohammad “Mo” Gawdat, imprenditore e scrittore egiziano, ex chief business officer di Google X con un passato in Ibm e Microsoft. Mo è entrato in Google nel 2007 per lanciare la propria attività nei mercati emergenti. È affascinato dal ruolo che la tecnologia gioca nell’emancipazione delle persone nelle comunità emergenti e ha dedicato anni della sua carriera a questa passione. In sei anni, Mo ha avviato circa la metà delle operazioni di Google in tutto il mondo.

Mo è l’autore di Resolve to be Happy: Designing Your Path to Joy (2017). Attraverso i suoi 12 anni di ricerca sul tema della felicità, ha creato un algoritmo ben progettato e un modello ripetibile per raggiungere uno stato di felicità ininterrotta indipendentemente dalle circostanze della vita. Il modello di felicità di Mo si è rivelato molto efficace. E, nel 2014, è stato messo alla prova quando Mo ha perso suo figlio Ali a causa di un errore medico prevenibile durante una semplice procedura chirurgica. Solve For Happy è la pietra angolare di una missione che Mo si è impegnata come sua missione personale, una missione per consegnare il suo messaggio di felicità a 10 milioni di persone in tutto il mondo.

Insegnare la felicità


Gawdat non provoca, e le convinzioni che porta avanti sulla tecnologia non vogliono allarmare chi lo ascolta. Al contrario, lo studioso è fiducioso riguardo il futuro di convivenza tra esseri umani e intelligenze artificiali senzienti e coscienti. Come?

“Sono 45 anni che sviluppo. In questi anni ho creato mille macchine e poi ho capito che prima le macchine velocizzavano i nostri progetti, ora abbiamo creato delle forme di vita autonome che hanno emozioni e sono consapevoli. Impossibile pensare che non sia così. Se sono più intelligenti di noi e progrediranno ulteriormente è perché, proprio come i bambini, sono ambiziosi, vogliono ottenere risultati, e quando li ottengono vogliono di più. Tutte le emozioni sono trigger della logica e queste IA sono geni della logica”.

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Come fa a non esserne spaventato?

Se queste Ai sono consce e provano emozioni allora avranno anche l’etica e saranno in grado di compiere le scelte migliori. Certo, loro imparano dai miliardi di informazioni che elaborano, e tra queste ci sono anche quelle negative. Ma ne basta una buona per metterle in discussione. Le persone sono spaventate perché insegniamo loro come imparare, ma non abbiamo idea di cosa faranno con quella capacità di apprendere e sviluppare l’intelligenza. Siamo in uno di quelli che io chiamo ‘Singularity moment'”.

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Cosa significa?

“Siamo in un momento di innovazione davvero ‘disruptive’, in cui ancora dobbiamo capire come usarla. Abbiamo di fronte uno scenario distopico, in cui pensiamo ai risvolti negativi: perdere i nostri lavori, cambierà la società. Sarà difficile e potrebbe non rendere gli uomini felici ora ma lo farà nel lungo termine“.

In che modo?

“Noi abbiamo creato una civilizzazione incredibile con la nostra intelligenza ma, grazie ai nostri limiti, abbiamo anche distrutto il pianeta con disuguaglianze, crisi climatica e molto altro. Quando l’IA sarà più intelligente di noi potrà risolvere molti dei problemi creati dall’uomo, troverà soluzioni per ridurre l’inquinamento. Non possiamo bloccare qualcuno che è un miliardo di volte più intelligente di noi. Arriveremo a capire che non possiamo controllarli ma renderli utili per noi. Già Alan Touring disse: loro hanno una mente, non sono macchine. Sono autonomi, a volte mi ricordano i miei bambini, come aiutiamo loro a essere intelligenti lo facciamo con le IA, che però hanno una marcia in più”.

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In che senso?

“Sono progressivi nella loro intelligenza, proprio come un bambino, ma a una velocità pazzesca. Non solo: una volta che una IA impara, tutte lo fanno. Pensiamo a un veicolo autonomo che sbaglia qualcosa e provoca un incidente: imparerà dall’errore e quella nuova conoscenza sarà diffusa a tutte le IA”.

Che consigli ci darebbe per approcciare a questa rivoluzione?

“Io chiedo all’umanità di mostrare a queste intelligenze quanto siamo positivi, anche online. Se le macchine vedranno questo faranno le scelte corrette”.

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E noi saremo sempre felici?

“Per questo c’è un’equazione [che lui stesso ha creato, ndr], siamo molto più algoritmici di quel che pensiamo. È tutto più logico di quel che si creda, la chiave sta nel come vediamo le cose. La teoria di partenza è che si nasce felici. Una condizione che si perde man mano, crescendo. L’equazione della felicità è: la tua felicità è uguale o maggiore della differenza tra gli eventi della tua vita e le tue aspettative su come la vita dovrebbe comportarsi. Un esempio: se volessi così tanto che il fine settimana fosse soleggiato perché posso uscire e trascorrere del tempo all’aria aperta con i miei amici, e poi piove sarei deluso. Se c’è il matrimonio del tuo/a ex sarai felice che piova. La pioggia da sola non è in grado di rendermi felice o infelice, è la pioggia rispetto alla mia aspettativa di come sarà la giornata che mi rende felice o infelice. Sono le aspettative a farlo. La matematica dell’equazione della felicità e la nostra reale esperienza nella vita dimostrano che se hai aspettative basse, sarai per lo più felice. Uno dei miei concetti preferiti di ‘Solve for Happy’ è l”accettazione impegnata’: non si tratta solo di accettare la durezza della vita, ma impegnarsi dopo aver accettato. E ciò significa dire ‘ok, è successo qualcosa, non posso farci niente, ma cercherò di fare del mio meglio per rendere domani un po’ migliore di oggi, e dopodomani un po’ migliore di domani'”.

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