Il Pd si è diviso sul piano di riarmo europeo proposto da Ursula von der Leyen. Gli eurodeputati dem hanno oggi al Parlamento Ue la risoluzione sul Libro bianco della difesa: in 11 si sono astenuti e 10 hanno votato a favore. Tra questi anche l’eurodeputato Maran: “La segretaria Schlein ha voluto vedere il bicchiere mezzo vuoto, ma il documento è un punto di avvio verso la difesa europea”.

Il Parlamento europeo ha approvato questa mattina la risoluzione sul Libro bianco della difesa. Il testo contiene linee di indirizzo sul futuro della difesa europea, tra cui il piano ReArm Europe annunciato da Ursula von der Leyen. La risoluzione ha ottenuto 419 voti a favore, 204 contrari e 46 astenuti.

Nello specifico, il paragrafo 68, che “accoglie il piano in cinque punti ‘ReArm Europe’ proposto dalla presidente della Commissione europea”, ha ottenuto 480 voti a favore, 130 contrari e 67 astenuti. Bocciato invece l’emendamento dei Conservatori e riformisti, presentato da tre deputati di Fratelli d’Italia, che chiedeva il cambio del nome del piano in “Defend Europe”; l’emendamento ha ricevuto 97 voti a favore, 517 contrari e 56 astenuti.

Il Partito Democratico si è diviso. Non è stata una sorpresa: già nei giorni scorsi erano emerse posizioni differenti all’interno della delegazione, e fino all’ultimo non era chiaro se alcuni dem avrebbero votato contro. Il voto di oggi mostra un partito spaccato sul tema del riarmo: undici astenuti e 10 a favore. Hanno partecipato al voto tutti e 21 gli eurodeputati e alla fine, anche grazie al lavoro di mediazione svolto dal capodelegazione Nicola Zingaretti, nessuno ha votato contro. Si sono astenuti: Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessadro Zan, Lucia Annunziata e il capodelegazione Nicola Zingaretti. Hanno invece votato a favore: Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli e Raffaele Topo.

Riarmo Europa, Von Der Leyen presenta il piano RearmEu per la difesa: “Il tempo delle illusioni è finito”

Abbiamo chiesto all’eurodeputato Pierfrancesco Maran, tra coloro che hanno votato convintamente sì, le ragioni di questa frattura all’interno del partito.

Dal voto di oggi sono emerse due posizioni all’interno del Pd sul riarmo europeo e sugli investimenti per la difesa. Perché lei ha votato a favore?

Credo che oggi sia stata una giornata importante, perché il Parlamento con una maggioranza molto larga ha dato il via a un percorso verso la difesa europea, che era anche uno dei pilastri del Manifesto di Ventotene. È una necessità indifferibile in questo momento storico, soprattutto dopo il cambio di atteggiamento da parte di Donald Trump e degli Stati Uniti. Per me è un punto di avvio, naturalmente ora c’è tanto da lavorare sulle proposte e sulle modalità. Quello approvato è un documento condiviso da tanto gruppi, e ci sono quindi tanti elementi che sono frutto di compromessi e di visioni diverse.

La segretaria del Pd Elly Schlein ha espresso però un parere molto critico sul piano ReArm Europe proposto da Ursula von der Leyen, ha detto che va nella direzione sbagliata, perché una cosa è la difesa comune, un’altra il riarmo nazionale dei 27 Stati membri.

Questo piano, per come è stato presentato, ha indubbiamente dei limiti e degli aspetti da migliorare, nell’ottica di arrivare a una vera difesa europea, e non all’incremento delle difese di 27 Stati, che non è l’obiettivo giusto. La segretaria Schlein ha voluto vedere il bicchiere mezzo vuoto, da qui la scelta di prendere le distanze dal provvedimento. La larghissima parte del gruppo socialista europeo, di cui facciamo parte, lo ha invece sostenuto con convinzione e con proposte di miglioramento, perché l’Europa non procede solamente con provvedimenti perfetti, ma attraverso progressioni. E quindi bisogna sostenere questo passaggio, e proprio perché siamo dentro al percorso possiamo cercare di migliorare tutti i provvedimenti che arriveranno di conseguenza.

Stiamo parlando però di un piano da 800 miliardi che punta proprio a incrementare la spesa per la difesa dei 27 Paesi Ue, con 650 miliardi in arrivo da una deroga di almeno 4 anni al nuovo Patto di stabilità, e bond europei per 150 miliardi di euro per sostenere i prestiti agli Stati, attraverso lo strumento “Safe”. 

Una parte consente effettivamente un incremento di spesa ai singoli Paesi nell’ambito dei propri bilanci. Ma i 150 miliardi del progetto Safe, finanziati da nuovi eurobond, hanno l’obiettivo di sostenere progetti comuni. Del resto il passaggio da 27 difese nazionali a una difesa europea, non può essere né immediato né semplice. Le do un dato che mi ha molto colpito: se parliamo di acquisti di armamenti, l’83% di questi arriva da fuori dall’Unione europea. Abbiamo indubbiamente bisogno di piani e progetti che consentano di aumentare la percentuale di armamenti prodotta in Europa, ma non si passa dal 17% all’80-90% in un decennio.

Quindi cosa propone di fare?

Serve una progressione, che passi dall’incremento di una produzione condivisa, ed è lo scopo dello strumento Safe, ma bisogna  anche cercare di fare acquisti congiunti che consentano una maggiore interoperabilità. Credo che questo sia un passaggio necessario.

La presidente Ursula von der Leyen non ha escluso la possibilità di creare debito comune europeo, per finanziare la difesa. Che idea si è fatto di quest’ipotesi?

Quella di fare debito comune è una delle possibilità, e ha senso svilupparla per progetti che siano comuni e non nazionali. È sicuramente uno dei campi di lavoro. C’è stata una discussione serrata al Parlamento su questo.

Non si è riusciti però a portare il Pd su una posizione unitaria. Un risultato è stato sicuramente evitare che ci fossero voti contrari. Le divisioni però rimangono. Come pensa che si possano avvicinare queste due anime?

Mi rammarico del risultato del voto di oggi, perché penso che il Pd dovrebbe essere sempre protagonista in ogni passaggio verso l’integrazione europea. In queste settimane il capogruppo Zingaretti ha lavorato alacremente su tutti i testi, ottenendo delle migliorie importanti nell’ottica delle posizioni del Partito Democratico. Ma se guardiamo tutto il quadro dei voti, la questione delle divisioni non riguarda solo il Pd, c’è un problema Italia. Alla fine siamo il Paese, tra quelli principali, che ha dato il sostegno più debole a quest’iniziativa. Siamo alla pari con Malta o Irlanda. È la replica di quanto abbiamo visto sul tema del sostegno all’Ucraina. A me piacerebbe un Pd più determinato su questi temi, ma mi domando anche perché tutta la politica italiana stia facendo una corsa per allontanarsi, con motivazioni diverse, da una visione molto consolidata in gran parte dei Paesi europei, sulla necessità di evolvere verso un’unione della difesa.

Fratelli d’Italia, con un emendamento che è stato bocciato, aveva chiesto di cambiare il nome al piano di riarmo da ‘ReArm Europe’ a ‘Defend Europe’. È giusto farne una questione di nomi? 

Io l’ho votato, perché ritengo che i nomi corretti aiutino a raccontare i progetti, e penso che il nostro obiettivo sia quello di avere un’Europa più sicura, che si possa difendere da eventuali minacce. Purtroppo ci siamo trovati in minoranza.

Oggi si è votata anche la risoluzione sull’Ucraina, e in questo caso sono stati gli eurodeputati di Fdi ad astenersi, sostenendo che quel testo non tiene conto delle novità delle scorse ore, cioè dei colloqui di Gedda, e finisce “per scatenare odio verso gli Usa”, invece di aiutare gli ucraini.

Quella risoluzione è stata anche emendata con un’aggiunta legata alle ultime novità di ieri sera, dalle quali si evince che gli stessi Stati Uniti hanno annunciato lo stop immediato alla revoca degli aiuti militari a Kiev. Quindi resta fondamentale a maggior ragione ribadire che fino a quando non c’è la pace, l’Europa resta al fianco dell’Ucraina. E comunque torniamo al punto centrale che riguarda il nostro Paese, siamo sempre quello che balbetta di più su questi temi.

Pensa che la proposta americana di un cessate il fuoco di trenta giorni sia una buona base per un negoziato di pace? Oppure si aspetta che Mosca lo violi?

Io mi occupo della pace. Da quando è al potere Putin dichiara guerra ogni 5 anni. E noi come europei come vogliamo rispondere? Abbiamo bisogno che questa non sia una tregua ma sia una pace giusta per l’Ucraina, ma anche una pace che non significhi una riorganizzazione e un riarmo per la Russia, magari per muovere nuovi conflitti verso l’Europa.

Lei vede questo rischio?

In Italia questo non si comprende bene. Ma c’è una viva preoccupazione da parte di un gran pezzo di Europa, scandinavi, baltici, polacchi, che temono di poter essere i prossimi invasi. È un elemento spesso sottovalutato nel dibattito di casa nostra.

C’è chi dice che questa è fantapolitica.

È vero, ma spesso sono quelli che consideravano fantapolitica la possibile invasione dell’Ucraina.

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