Le nubi della guerra commerciale scatenata da Donald Trump e dall’imprevedibilità delle mosse Usa, alla vigilia del viaggio a Washington della premier Giorgia Meloni. Ma anche la fiducia nella capacità di rinnovamento dell’Europa per trasformare l’ennesima crisi in opportunità. Sono questi i sentimenti che aleggiavano oggi a Roma alla seconda e ultima giornata del Forum internazionale di Confcommercio a Villa Miani, aperta e chiusa con due professioni di gratitudine e di ottimismo.

Sangalli: «Grazie a Mattarella, difensore del multilateralismo»

La riconoscenza, assieme agli auguri di pronta ripresa, è stata espressa all’inizio dei lavori dal presidente dell’organizzazione, Carlo Sangalli, al capo dello Stato, Sergio Mattarella, per aver «svolto un ruolo propulsivo decisivo per rinsaldare e far crescere il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni della Repubblica e per affermare (basti ricordare la straordinaria lezione di Marsiglia) il valore delle scelte di multilateralismo e di solidarietà, contro ogni tentazione di chiusura e protezionismo nell’ordine internazionale». Sangalli ha elogiato come punto di forza del nostro Paese «la capacità di lavorare insieme per affrontare e superare le crisi. La capacità, cioè, di fare capitale sociale e costruire fiducia». Un metodo, ha spiegato il presidente di Confcommercio, «che può essere cruciale anche per il futuro del progetto europeo».

L’allerta di Tremonti sull’Europa «fabbrica di leggi demenziali»

Diverse le letture offerte dagli economisti, politologi ed esperti chiamati a confrontarsi sul ruolo possibile dell’Europa: Nicola Rossi, Gregorio De Felice, Deirdre McCloskey, Yves Mény, Marco Buti, Lucio Caracciolo, Alessandro Campi. Una la convergenza: cambiare le regole del gioco è urgente. Giulio Tremonti, presidente della commissione Affari esteri della Camera, non è stato tenero né sull’Ue «fabbrica delle leggi e dei provvedimenti demenziali il cui impatto sulle imprese è devastante» né sui «rapporti» Draghi e Letta o sui «compass», che «non chiariscono l’origine del blocco della competività europea» e, offrendosi come bussola, confermano che «prima non ce l’avevamo». Un’Europa spiazzata dalla «fine del mercatismo» – in cui il vero gigante è apparso Re Carlo d’Inghilterra, «più forte dei lemuri che circolano nei palazzi» – intorno alla quale «prospera la guerra commerciale a Ovest e la guerra reale a Est». La cura? Frenare il dominio assoluto del mercato e garantire una prospettiva di stabilità «dal Baltico al Mar Nero per bloccare l’ideologia di Putin». Unione, più che allargamento.

Gentiloni: l’Ue può diventare il «baricentro» del nuovo ordine

Una ventata di speranza è arrivata da Paolo Gentiloni nelle conclusioni della mattinata. Citando l’editoriale dell’Economist sull’Europa nuova “terra dei liberi”, l’ex Commissario agli Affari economici ha ripetuto che l’Ue può cogliere l’opportunità di una stagione difficile per diventare «il baricentro» di un nuovo ordine mondiale, approfittando di due elementi: la «spinta che esiste tra tanti altri Paesi del mondo a tenere aperte le relazioni commerciali» e la forza di rappresentare un mercato di 450 milioni di cittadini con un commercio estero già solidissimo, senza il problema della Cina davanti ai dazi, che è quello di dover reindirizzare la sua produzione.

Urso: l’Ue si tuteli dal rischio invasione di prodotti dalla Cina

Per l’Europa significa un rischio concreto di invasione, come ha segnalato il ministro per le Imprese, Adolfo Urso, di fronte al quale occorrerebbe «predisporre misure di salvaguardia del mercato interno e della produzione previste dal Wto». Urso ha anche auspicato che la Bce «continui ad accelerare nella riduzione del tasso di sconto», a tutela della crescita. Se sul bilaterale Meloni-Trump Urso ha voluto precisare che «quando c’è la tempesta, noi manteniamo salda la bussola che va in Occidente, altri perdono il senso della navigazione e finiscono a Oriente», Gentiloni non ha mancato di pungere: «Sono convinto che per la nostra presidente del Consiglio, di fronte a una scelta eventuale tra le affinità di natura ideologica, culturale e gli interessi nazionali ed europei, sarà inevitabile scegliere gli interessi nazionali ed europei».

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