Chi meglio di un paziente con demenza può saper individuare i bisogni, le necessità di pazienti così particolari e quindi “insegnare” ad altri le migliori modalità di approccio? E quindi sono stati proprio loro, i pazienti, definiti a ragione “esperti per esperienza” (Experts by Experience) ad aver definito il programma di un corso universitario – il primo nel suo genere – pensato e progettato per istruire le figure professionali sulle reali necessità dei pazienti e su ciò che vogliono davvero che sappiano su questa patologia: “Understanding the Me in Dementia”, comprendere il me nella demenza. E sempre loro, i pazienti, affiancheranno i professionisti nel corso delle lezioni.
Un’idea che è un po’ una scommessa
L’idea, che è anche una scommessa, è del Centro per gli Studi Applicati sulla Demenza dell’Università di Bradford, in Inghilterra, con un progetto che comincerà a settembre ed è stato pensato e strutturato da circa un anno. La sfida principale di chi soffre di malattie neuro-degenerative consiste infatti nella difficoltà nell’essere compresi da chi è accanto a loro, dai familiari ma anche dagli assistenti e dalle figure sanitarie che si occupano della cura. Chi convive con queste patologie si sente spesso abbandonato e vive in uno stato di solitudine e incomprensione fin dagli esordi della malattia, quando questa viene diagnosticata.
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Clare Mason, formatrice per l’assistenza alle persone affette da demenza e responsabile di Experts by Experience, ha dichiarato che “per troppo tempo le persone affette da demenza hanno sentito di non avere voce in capitolo sul modo in cui vengono trattate. Il feedback che abbiamo avuto dalla creazione di questo corso dimostra che le persone che convivono con queste patologie vogliono essere ascoltate”.
Ciò è anche quello che emerge quando si dà ai malati la possibilità di dar voce alla propria opinione. “Guardate la persona, non la demenza. Parlate con la persona, non con chi la assiste. Non dateci una diagnosi e non mandateci via. Ci sono ancora cose che siamo in grado di fare” così ha risposto Chris Maddocks da Eastbourne. Allison Batchelor dall’Irlanda del Nord, ha aggiunto “sono ancora io, non sono la mia demenza”. Gerald King, residente in Scozia, ha ribadito che “si può vivere bene anche dopo la diagnosi. Parlate con me come una persona, invece di parlarmi sopra o di passarmi davanti, sono ancora in grado di conversare”.
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Le esperienze dei malati
Jacqui Bingham, 70 anni, vive a Stockport, vicino Manchester, ed è una delle persone che hanno preso parte all’organizzazione del corso. Subito dopo il pensionamento le è stato diagnosticato l’Alzheimer a esordio precoce. “Ho giorni brutti e giorni belli, ma sono ancora me stessa”. Jacqui rimprovera chi generalizza i malati di demenza. “Siamo tutti diversi. Se si leggono i libri, ci si fa un’idea della demenza in bianco e nero. Questo modulo vuole andare al di là di tutto questo, in modo che gli operatori sanitari possano imparare da noi”, perché molte volte chi è affetto da demenza viene trattato come se non avesse più nulla da dire o qualcosa a cui contribuire. Ai malati viene detto cosa fare e non fare, ma Jacqui aggiunge “non facciamo parte della conversazione”.
Sentirsi in un modo ed essere visti in un altro
Anche a Michael Andrews, nel 2017, all’età di 57 anni, è stata diagnosticata una malattia neuro-degenerativa: l’atrofia corticale posteriore, un raro tipo di demenza che provoca disturbi alla vista. “Dopo la diagnosi ho attraversato un periodo molto difficile. Non volevo parlare con nessuno né vedere nessuno”. Michael confida che “si è discusso di farmi trasferire in una casa di cura, anche se ero – e sono tuttora – in grado di vivere in modo indipendente”. La sua esperienza nella progettazione del corso è stata fondamentale per comprendere che tutti i malati affrontano le stesse difficoltà, “tutti noi abbiamo sperimentato gli stessi problemi con il modo in cui le persone percepiscono chi è affetto da demenza, allo stigma che circonda questa malattia e al modo in cui le persone comunicano con noi. Fanno supposizioni su ciò che possiamo o non possiamo fare. Ma possiamo ancora essere coinvolti, possiamo ancora fare qualcosa”.
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Un corso che dà voce ai reali bisogni dei pazienti
Il gruppo di esperti per esperienza si è quindi occupato di identificare gli argomenti, gli esercizi, la valutazione e i contenuti del corso, progettando qualcosa di innovativo. Ma non solo. Gli esperti saranno, infatti, anche coinvolti nell’insegnamento insieme ai docenti. Il progetto iniziato nel gennaio 2022 vedrà la sua realizzazione a partire da settembre 2023, all’interno del programma di laurea magistrale “Advanced Dementia Studies”. Il corso potrà anche essere seguito come modulo autonomo di formazione a distanza part-time per gli operatori sanitari e sociali che si occupano di persone affette da demenza e includerà sezioni su: “Sfidare lo stigma, gli stereotipi e la discriminazione”, “Comprendere l’individuo” e “Comunicazione”.
I malati insegnano ai professionisti
Danielle Jones, Professore Associato in Studi sulla Demenza, ha dichiarato: “I nostri Experts by Experience svolgono un ruolo di primo piano nella nostra offerta formativa all’interno del Centre for Applied Dementia Studies. Le persone con demenza e i loro assistenti sono stati coinvolti in tutti gli aspetti della nostra ricerca e dell’insegnamento, dalla valutazione degli studenti alla revisione del loro lavoro, allo sviluppo del programma. Abbiamo voluto che questo modulo fosse interamente prodotto da persone che conoscono meglio cosa significa avere una demenza, in modo che i professionisti possano imparare da loro”.