«E’ come se lui fosse cittadino tedesco, poi italiano, poi francese, poi anche di una borgata romana».
Però l’Europa, se la Germania è in crisi, va in crisi, l’economia italiana, se la Germania è in crisi, va in crisi. Nel 2025 in Germania si vota e c’è una sensazione di leadership persa da parte di Berlino. Lei come vede la situazione tedesca?
«Guardi, fosse solo tedesca… è un problema dell’arretramento di forza della democrazia, non del concetto di democrazia: con il pluripartitismo ormai dappertutto, formare i governi diventa difficile. In Germania prima abbiamo avuto un governo di un partito solo, poi una coalizione omogenea e adesso coalizioni disomogenee. L’inquietudine è identica a quella francese, con la diversità delle leggi elettorali, quindi il problema non è tedesco, il problema è rafforzare la nostra democrazia. Quanto alla Germania, abbiamo una crisi economica derivata sia dal problema dei rapporti con la Russia sia dai rapporti con la Cina, quindi costo dell’energia, crisi dell’automobile, però attenzione che questo rispecchia la crisi di tutta l’Europa, cioè il problema di non essere al vertice delle nuove trasformazioni. Qui non ci siamo ancora resi conto della forza dei due giganti: sono stato recentemente sia negli Stati Uniti sia in Cina, ho visto cose impressionanti, ma a livello di massa, cioè trasformazioni che stanno andando a livello popolare; la società che cambia; e noi invece non cambiamo».
Il tema ci porta al ruolo dell’Europa sulla questione ucraina. Come ne esce l’Ue, rimane schiacciata anche su quest’alto terreno?
«Quando Trump chiede il 5% di spese militari subito, come scrive il Financial Times, vuol dire che noi, invece dei morti in guerra, li abbiamo nella sanità, anzi ne abbiamo di più. Passare dall’1,5 al 5% vuol dire devastare il bilancio dello Stato. Certo, un giorno sulle spese militari bisognerà affrontare un adeguamento, non prima però di avere fatto un esercito europeo in modo che i soldi siano spesi bene e che aiutino l’Europa a essere amica degli Stati Uniti ma con una propria dignità: non che ci ordinano quello che dobbiamo fare, fra poco mi ordineranno come soffiarmi il naso».