A Rehovot, a sud di Tel Aviv, un soldato di riserva di 31 anni si è tolto la vita nella sua abitazione proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto sposarsi. Secondo quanto riportato dai media israeliani, sul posto è intervenuto il personale del Magen David Adom – il servizio di emergenza sanitaria – che ha potuto solo constatarne il decesso.
Il fatto avviene a distanza di pochi giorni da un altro episodio che ha scosso l’opinione pubblica israeliana: un soldato della Brigata Golani era stato trovato morto nel nord del Paese la settimana scorsa.
Il tema dei suicidi tra le Forze di difesa israeliane (Idf) resta al centro dell’attenzione. Dall’inizio del 2025, secondo i dati diffusi dall’esercito e rilanciati dalla stampa locale, sono già 20 i militari che hanno deciso di togliersi la vita.
La questione della salute mentale dei soldati – sia di leva sia riservisti – è oggetto di crescente dibattito in Israele, soprattutto in un contesto di forte pressione psicologica dovuto al conflitto in corso e al prolungamento delle mobilitazioni. Le associazioni dei familiari hanno più volte chiesto un rafforzamento delle strutture di sostegno psicologico e programmi di prevenzione più incisivi.
Il nuovo caso alimenta così le richieste di un intervento istituzionale più ampio per affrontare un problema che, al di là dei numeri, riflette il costo umano e sociale della guerra sulla generazione dei militari israeliani.
