Evitare la conta in Lombardia. Era questo il principale timore di Matteo Salvini in vista del Congresso nella regione del 15 dicembre. Mostrare nella roccaforte della Lega un partito diviso. Con il rischio (assai concreto) di uscirne sconfitto. E così alla fine l’unica soluzione è stata la rinuncia di Luca Toccalini, il suo candidato, da sempre fedelissimo del Capitano che lo ha voluto coordinatore dei giovani della Lega. Toccalini venerdì, a 48 ore dall’assise, ha annunciato il ritiro dalla corsa per la segreteria della Lombardia spianando la strada all’elezione dell’attuale capogruppo al Senato Massimiliano Romeo. Come si dice in questi casi, si è scelto di minimizzare i danni dopo che il pressing insistito su Romeo affinché si facesse da parte è fallito. E non solo per la testardaggine del diretto interessato e dei suoi sostenitori in cui si contano moltissimi amministratori, la spina dorsale del partito. Il clima era e resta teso nel Carroccio nonostante le dichiarazioni al miele pronunciate dai protagonisti, a partire dallo stesso Salvini, che ripagherà Toccalini con «nuove responsabilità di guida» in vista del Congresso federale (cioè nazionale) che si terrà all’inizio del 2025.
I malumori dei veneti
È la prima volta che per Salvini si palesava la prospettiva di una sconfitta interna di dimensioni così rilevanti, qual è la scelta del segretario della Lombardia. Il timore di un effetto domino in occasione della prossima assise nazionale – dove ci sarà da fare i conti anche con i malumori dei veneti che non vogliono cedere la guida della Regione a Fratelli d’Italia nonostante il primato del partito di Giorgia Meloni – era (è?) tutt’altro che inverosimile . Inoltre, nel 2025 andranno al voto decine di comuni in Lombardia guidati dal Carroccio. E anche se non ci sono capoluoghi di provincia, città di peso, un significativo arretramento getterebbe ulteriore sale sulle ferite dei leghisti lombardi e sulle quelle di Capitano alle prese con gli sconfortanti risultati al Sud, dove il progetto della Lega nazionale non è mai decollato.
Il passo indietro di Invernizzi
Questo il quadro in cui va letta l’elezione di Massimiliano Romeo alla guida della segreteria lombarda. Un «congresso farsa», lo ha definito il 4 dicembre scorso ritirando la sua candidatura Cristian Invernizzi, storico esponente bergamasco della Lega, prima vicinissimo a Salvini e poi protagonista prima delle Europee di un gesto di dissenso contro la decisione del segretario di candidare il generale Roberto Vannacci.