Decisivo, sul mercato interno, è come detto il maggiore utilizzo dei crediti d’imposta di Transizione 5.0.
«I chiarimenti relativi al funzionamento del provvedimento tanto atteso hanno evidentemente sortito i loro effetti: le imprese, una volta compresi i tecnicismi e diradate le zone d’ombra, hanno dato seguito alle loro intenzioni di acquisto che si sono concretizzate in nuove ed effettive commesse. Ciò è accaduto perché in Italia la domanda di nuovi sistemi di produzione è ancora sufficientemente vivace e risponde all’obiettivo di aggiornare gli impianti secondo la doppia chiave digitale e green. Certo è che il fatto che ad oggi sia stato impiegato solo l’11% delle risorse messe a disposizione per questo provvedimento dimostra che la misura così costruita non è risultata congeniale alle aziende. Sappiamo infatti per esperienza diretta che, quando un provvedimento è di semplice utilizzo, il mercato lo recepisce facilmente; questo è accaduto per la politica 4.0».
«A questo proposito – ha affermato il presidente di UCIMU – è fondamentale che le autorità di governo facciano chiarezza in merito a Industry 4.0. Da gennaio attendiamo di conoscere le istruzioni per la prenotazione del credito di imposta 4.0 da parte delle aziende. Avendo visibilità sulla disponibilità effettiva dei fondi rispetto al plafond stanziato di 2,2 miliardi di euro, la domanda interna potrebbe registrare, nel prossimo trimestre, una ulteriore accelerazione esprimendo così tutte le sue potenzialità. Purtroppo però, l’effetto potrebbe svanire subito dopo poiché le aziende non avranno il tempo necessario a produrre. Sarebbe perciò utile studiare immediatamente un provvedimento, verificandone la fattibilità in Europa, per recuperare le risorse non spese e riallocarle per misure di incentivo, sul modello del 4.0 e 5.0, da rendere disponibili nel prossimo triennio 2026-2028».
Se l’Italia delle macchine utensili riparte, il contrario accade oltreconfine, dove gli ordini sono invece in discesa a doppia cifra, con un calo di otre il 18%.
«La crisi geopolitica mondiale, i due conflitti aperti vicini a noi, la debolezza dell’Europa, sia dal punto di vista economico che politico, la crisi dell’automotive e, in assoluto, il ritorno dirompente di Trump, agitano profondamente lo scenario internazionale. I continui cambi di posizione del presidente americano in merito al tema di una possibile politica dei dazi, differenziata rispetto a paesi e tipologia dei beni, hanno fatto crescere il tasso di incertezza su livelli di cui nella storia recente non si ha memoria. Ciò impone a tutti gli attori del sistema economico di attivarsi per rispondere a questa nuova condizione. Da parte nostra come imprenditori dobbiamo continuare a lavorare per differenziare i nostri mercati. Gli Stati Uniti sono la prima area di destinazione del made in Italy settoriale, poi vengono Germania, Cina, Francia e Turchia. Il nostro sforzo deve essere quello di monitorare attentamente le aree che possono essere per noi interessanti di qui ai prossimi anni, a partire da India, Messico e Sud America, appoggiandoci e anche partecipando attivamente alle attività messe in campo dalle organizzazioni di rappresentanza a supporto delle aziende. Nel caso di UCIMU, abbiamo iniziative pensate per favorire l’ingresso delle imprese associate in aree ad alta potenzialità di business. Alle autorità di governo chiediamo però pieno supporto non solo per lo sviluppo di una politica industriale adeguata a sostenere il miglioramento della competitività del manifatturiero italiano ancora più importante in un contesto come l’attuale. Ai nostri rappresentanti chiediamo che in Europa si facciano portavoce della necessità di poter contare su una Unione forte e determinata ad aprire un dialogo serio con l’Amministrazione americana a beneficio del commercio mondiale e anche della sicurezza di tutti i popoli».