La notizia ha fatto il giro dei telefonini, rimbalzando sugli schermi con post e video. La decisione dell’amministrazione comunale di Cosenza di trasferire la statua in bronzo di Giacomo Mancini da largo Carratelli a piazza Giacomo Mancini, a circa cento metri di distanza, ha suscitato un’ondata di proteste e reazioni accese in città. Non solo da parte degli eredi politici del leader socialista, ma anche da semplici cittadini, indipendentemente dall’appartenenza politica, che hanno percepito il gesto come un’offesa alla memoria collettiva e alla storia cittadina. Mancini, il “leone socialista”, è parte della storia di Cosenza, incarna una città con la testa alta e la schiena dritta ma è stato anche e soprattutto un leader su scala nazionale, ministro, segretario di partito, intellettuale raffinato e negli ultimi anni sindaco appunto della sua città che amava riamato, rispettato dagli amici ma anche dai nemici. Per questo la decisione del Comune di spostare la statua qualche metro più in là ha scatenato un putiferio.
La vicenda
L’opera, realizzata dallo scultore Domenico Sepe per conto della fondazione intitolata all’ex sindaco e parlamentare, era collocata da anni all’inizio del corso principale di Cosenza, nelle immediate vicinanze del Municipio. Il trasferimento, deciso dal sindaco Franz Caruso, socialista, da anni legato alla famiglia Mancini, ha dato luogo a una vivace polemica. Secondo Caruso, la scelta di spostare la statua è legata a motivi tecnici e culturali: «Avevamo disposto lo spostamento della statua in una piazza vicina, intitolata proprio a Mancini – ha spiegato il primo cittadino – perché la convenzione in essere con la Fondazione Bilotti, che ha donato alla città le straordinarie opere del Mab, il museo all’aperto Bilotti, riserva tutta l’area di corso Mazzini, compreso il tratto dov’era la statua, al percorso museale di arte contemporanea». Ma l’ipotesi dello spostamento è stata rigettata dai proprietari della statua, la Fondazione Giacomo Mancini. «Solo una delle figlie di Giacomo era d’accordo, Giosi» ha aggiunto Caruso . Tra le opere esposte lungo il corso figurano capolavori di Giorgio de Chirico, Salvador Dalì, Mimmo Rotella, Emilio Greco e Giacomo Manzù, parte della collezione donata dai mecenati Carlo ed Enzo Bilotti. L’obiettivo, secondo Caruso, sarebbe stato quello di valorizzare l’opera dedicata a Mancini, riallestendola con maggiore evidenza scenografica su un piedistallo marmoreo nella piazza che già porta il suo nome.
La protesta
Ma questa scelta ha suscitato forti perplessità. La Fondazione Giacomo Mancini, proprietaria della statua, ha formalmente diffidato il Comune dal procedere al trasferimento, ritenendolo arbitrario e contrario agli accordi originari. Numerosi cittadini hanno manifestato la propria contrarietà all’operazione, definendola irrispettosa. Per molti, più che una questione logistica, si è trattato di una ferita simbolica, vissuta come un atto di rimozione della memoria storica. Tra le voci più critiche quella del nipote dell’ex sindaco, Giacomo Mancini Jr che è anche vicepresidente dell’omonima Fondazione.: «È stato un gesto grave, che offende non solo la figura di mio nonno, ma l’identità stessa di Cosenza – ha scritto in un post su Facebook -. La statua è stata tolta da un luogo dove dialogava con la città, con la sua storia istituzionale. Farlo senza il consenso della Fondazione e con queste modalità, è stato uno schiaffo alla memoria e al sentimento di migliaia di cittadini». Una vicenda destinata a far discutere e che proseguirà in tribunale sotto la scia delle denunce sporte contro il Comune. E la statua del Leone socialista? Per ora è tornata nella sede della Fondazione e sarà esposta a breve, spiegano i familiari, in un luogo iconico, in bella evidenza. Ma senza – aggiungono – la necessità del benestare dell’amministrazione.
Giacomo Mancini: vaccino Sabin e Salerno-Reggio Calabria
Le battaglie politiche del Leone socialista Giacomo Mancini sono innumerevoli, tante quante la sua lunga e articolata vita politica. Tra queste l’introduzione del vaccino antipolio Sabin ai tempi dell’incarico a ministro della Sanità e la realizzazione dell’autostrada che collegava un pezzo di Meridione e che ha rappresentato un sogno per moltissimi meridionali, oltre che uno straordinario volano economico. Autonomista, nenniano e figura di primo piano del centrosinistra, Giacomo Mancini fu un protagonista della vita politica italiana del secondo dopoguerra. Ricoprì diversi incarichi di governo: fu appunto ministro della Sanità nel primo governo Moro, ministro dei Lavori pubblici nel secondo e terzo governo Moro e nel primo governo Rumor, e infine ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno nel quinto governo Rumor. Da ministro dei Lavori pubblici fu uno dei promotori della legge ponte sull’urbanistica in vigore fino ad oggi. Nel Partito Socialista Italiano, Mancini fu nominato vicesegretario nazionale il 9 giugno 1969, durante la segreteria di Francesco De Martino, e il 23 aprile 1970 assunse la carica di segretario del partito. Infine, nel 1993 l’elezione a sindaco della sua città, Cosenza rimanendo in carica fino al 2002, per due mandati consecutivi. E occupando da allora un posto speciale nel cuore dei suoi concittadini.