Ci risiamo, riecco i gialloverdi, Lega e M5s, che da sponde opposte in Italia si ritrovano a votare assieme in Europa. Sia il partito di Giuseppe Conte che quello di Matteo Salvini hanno già annunciato il loro “no” alla Commissione di Ursula von der Leyen distinguendosi dai loro alleati: Fdi e Fi da una parte e il Pd dall’altra. Niente di nuovo. Entrambi fanno parte di gruppi all’opposizione. Ma è un passaggio, quello del “no” alla Commissione, che in prospettiva è destinato ad assumere sempre maggior peso.

I leghisti, in testa Salvini, assicurano che «non ci saranno conseguenze per il Governo» di Giorgia Meloni e «plaudono» alla designazione del ministro uscente degli Affari europei, Raffaele Fitto, a vicepresidente esecutivo della Commissione Ue ma comunque voteranno contro. I Cinquestelle hanno ovviamente gioco più facile visto che anche in Italia sono all’opposizione. Il No però aiuta Giuseppe Conte a marcare la differenza dal Partito democratico che invece alla fine ha deciso di votare a favore dell’Esecutivo europeo nonostante la presenza di un esponente dei Conservatori, ovvero lo stesso Fitto, su cui i socialisti a Strasburgo si sono divisi.

Una differenza che certo marcherà – e lo ha già fatto capire – anche Salvini. Ad esempio quando si parlerà di Ucraina. Anche qui le posizioni dei gialloverdi sono più vicine di quelle con i loro alleati. E non è un caso se tra i principali sostenitori di Donald Trump figurano proprio il leader della Lega ma anche quello pentastellato, il solo tra i partiti di opposizione a inviare gli “auguri di buon lavoro” al Presidente eletto.

Anche qui niente di nuovo. Entrambi hanno la necessità di risalire la china. Le Regionali in Emilia Romagna e Umbria sono stati per enrambi un bagno di sangue. Conte fa fatica, deve uscire dall’attacco mossogli da Beppe Grillo e soprattutto dai malumori dentro il Movimento, di chi ritiene che il Pd stia fagocitando M5s.

Anche il vicepremier leghista è però in difficoltà. Il progetto della Lega nazionale è fallito e lo spostamento sempre più a destra non paga. Salvini non a caso nelle ultime uscite è tornato a difendere le candidature nelle Regioni del Nord, a partire dal Veneto, in vista delle elezioni che si terranno nel 2025. Ha bisogno delle sue roccaforti, senza le quali la Lega rischia di dissolversi.Il braccio di ferro con Fdi e Fi è inevitabile. Il partito della Premier in tutte le Regioni è primo con molti punti di vantaggio e ha messo gli occhi proprio sul Veneto per il post Zaia.

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