L’obiettivo non cambia. La stabilità dei prezzi, e quindi delle aspettative di inflazione è il cuore dell’attività della Banca centrale europea. La volontà dell’Amministrazione Trump di modificare la struttura del sistema economico che ruota attorno gli Stati Uniti, per quanto non chiara negli obiettivi e nella sua stessa razionalità, sta complicando di molto il quadro. Per la riunione di aprile, l’attesa praticamente unanime degli analisti è quella di quella di un nuovo taglio: il tasso sui depositi dovrebbe dunque scendere al 2,25%, dal 2,50%, mentre il tasso di rifinanziamento passerebbe al 2,40 per cento.
Inflazione sempre in calo
È un livello piuttosto basso, se si pensa che il tasso neutrale reale è verosimilmente compreso tra lo zero e lo 0,50 per cento: tenendo conto dell’obiettivo di inflazione al 2% la politica monetaria della Bce potrebbe quindi non essere più restrittiva. La situazione dell’inflazione permette in realtà di essere sufficientemente ottimisti. Anche i prezzi dei servizi, per mesi bloccati al 4%, hanno cominciato a rallentare, e così la tendenza dell’inflazione trimestrale e semestrale annualizzata dello stesso settore.
Prestiti ai massimi storici
L’attività economica sembra (sembrava) guadagnare terreno, di fronte alla riduzione del costo del credito: i prestiti alle imprese non finanziarie sono saliti a febbraio (ultimo dato disponibile, non destagionalizzato) a un massimo storico, superando il precedente di ottobre 2022: un possibile segno della fine di una fase molto fredda dell’attività delle imprese (ma occorre tener conto dell’inflazione: i dati sono nominali). In circostanze normali ci sarebbe motivo di sorridere un po’.
Il nodo dei dazi
Il problema è l’incertezza generata dai dazi. Non è chiara la loro entità, tra annunci e sospensioni; né quella delle contromisure della Ue. La loro stessa funzione non è chiara: sono uno strumento negoziale? Quanta parte rimarrà strutturale, il 10% (che è comunque un livello alto)? La domanda è immediatamente rilevante per la politica monetaria: i dazi modificano la crescita potenziale e, di conseguenza, il tasso neutrale (il cui livello non è facile da facile da individuare).
Turbolenze sui rendimenti
Nell’immediato tutto questo si trasforma in una turbolenza dei mercati, immediatamente rilevante per la politica monetaria. Le condizioni finanziarie della zona euro – da distinguere dalle condizioni di finanziamento a cui fa spesso riferimento la Bce – hanno visto innanzitutto forti variazioni dei rendimenti. La parte breve della curva, che esprime e realizza l’orientamento della politica monetaria, è calata fortemente, mentre i tassi a più lunga scadenza sono saliti rapidamente.