Reggio Calabria è ultima per il secondo anno consecutivo nella classifica della Qualità della vita. Ma non solo: è ultima anche in termini di peggioramento dei singoli indici. Se nel 2024 la provincia era oltre la 100ª posizione in 16 indicatori su 90, nel 2025 è oltre la posizione 100 in 27 dei 90 indicatori. Segnale inequivocabile di un abbassamento complessivo delle condizioni di vita di un territorio che, all’apparenza, sembra avere tutto per garantire ai propri cittadini un buon livello di vita.

Massimo Troisi diceva che si era stancato di sentir dire che a Napoli c’è il sole e il mare, che preferiva la pioggia e il lavoro. Con le dovute proporzioni, lo stesso si può dire di Reggio Calabria. Entrando in città da Nord, dalla bretella del porto che introduce al lungomare, si ha l’impressione di trovarsi in un posto baciato dalla fortuna. Lo Stretto di Messina, l’Etna innevato che sbuffa sullo sfondo, il mare che sberluccica e che, secondo la leggenda della Fata Morgana, restituisce a chi lo guarda l’immagine riflessa della Sicilia. Una leggenda e un’illusione, appunto. Alla bellezza di questo chilometro e mezzo punteggiato da un giardino botanico con piante lussuriose e sormontato dall’elegantissimo Corso Garibaldi, la strada dello struscio, fanno da contraltare periferie in cui il degrado è visibile a occhio nudo: strade dissestate, incuria diffusa, auto vecchie e rumorose. Una situazione simile a quella della provincia, dei tre territori che la compongono: la Locride sullo Jonio, la Piana di Gioia Tauro sul Tirreno, l’Aspromonte che li divide appoggiandosi su Reggio Calabria.

Gli indicatori traducono in numeri questa fotografia: la posizione 107 della graduatoria generale è la somma del 107° posto per «Affari e lavoro», del 107° per «Ambiente e servizi» e del 101° per «Ricchezza e consumi». Ultima degli ultimi. Un territorio a basso reddito in cui le famiglie con Isee sotto i settemila euro sono il 40,6% del totale, il reddito medio pro capite è poco più alto di 15mila euro, più basso della pensione di vecchiaia (21mila euro), ma l’inflazione (2%) è il doppio di quella nazionale. Ancora: Reggio Calabria è nelle ultime 15 posizioni in quasi tutti gli indicatori di «Affari e lavoro». È trentesima per start up innovative e 22ª per pensioni di vecchiaia che sul territorio rappresentano una misura di welfare non convenzionale per molte famiglie.

Infatti, anche se per quoziente di natalità Reggio Calabria è 7ª in classifica, i giovani, e non solo, scappano. Il saldo migratorio totale è meno 2,5 (Reggio è 106ª, penultima in classifica) frutto anche di un fenomeno segnalato dall’Istat nel 2025 e qui ben presente: emigrano anche i pensionati che vanno al Nord a raggiungere i figli, precedentemente emigrati, per fare da baby sitter ai nipoti e cercare una sanità più efficiente di quella reggina (la provincia è 102ª nell’emigrazione ospedaliera).

A Reggio Calabria si vota nella primavera prossima. Il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà, figlio di Italo, l’artefice dell’ultima stagione felice della città, è traslocato al Consiglio Regionale. Il centrosinistra, che ha governato per 12 anni, arriva svuotato alla tornata elettorale. Alle ultime elezioni regionali a Reggio e in provincia, si è affermata Forza Italia. I giochi sono aperti. Sullo sfondo la grande partita del Ponte sullo Stretto. Sul tavolo i problemi di sempre: la sanità nelle mani dei medici cubani, le infrastrutture e i trasporti, il welfare e i servizi allo sbando. Ma soprattutto l’assenza di un progetto di sviluppo unitario che manca, appunto, dagli anni ’90.

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