Il carabiniere che era alla guida dell’ultima macchina inseguitrice, nel caso della morte di Ramy Elgaml, ha avuto un comportamento corretto, ha frenato quando doveva frenare e l’urto tra l’auto e lo scooter non si è verificato alla fine dell’inseguimento, ma in precedenza ed è stato laterale. E’ questo in sintesi il contenuto della consulenza cinematica disposta dalla procura di Milano e depositata.

Il giovane è morto nell’impatto contro il palo del semaforo all’incrocio tra via Quaranta e via Ripamonti. La relazione attribuisce la responsabilità dell’incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter.

Fares, si legge nella relazione tecnica di 164 pagine, e in particolare nelle valutazioni conclusive, “opponendosi all’Alt dei Carabinieri, dava avvio ad un inseguimento anomalo e tesissimo, ad elevatissima velocità lungo la viabilità urbana cittadina, con una guida spregiudicata ed estremamente pericolosa, transitando con semafori rossi, a pochi centimetri da veicoli in marcia regolare con rischio di collisioni, affrontando di notte, in contromano, curve alla cieca”.

E con il “suo comportamento sprezzante del pericolo, ha determinato l’inseguimento e le sue modalità e si è assunto il rischio delle conseguenze, per sé e per il trasportato”. Il carabiniere che guidava l’ultima macchina inseguitrice “si trovava dietro e a destra del motoveicolo in fuga al momento in cui si verificava la deviazione improvvisa ed imprevedibile della traiettoria da parte del motociclista. La pressoché impossibilità di poter prevedere una tale manovra – si legge ancora – ha fatto sì che lo stesso conducente si rendesse conto di ciò unicamente poche frazioni di secondo precedenti l’urto con lo stesso, tempo nel quale è intervenuta la reazione alla situazione di emergenza della intensa azione frenante, ’costretta’ dalla valutazione, corretta, di non poter sterzare in alcuna direzione”.

“A tale proposito – scrive il consulente – in relazione al tema della evitabilità, è stato esplicitato nella presente (relazione) che se la distanza tenuta tra i due mezzi, il veicolo inseguitore e quello inseguito, fosse stata maggiore (almeno dello spazio psicotecnico), l’evento avrebbe potuto avere una differente evoluzione; ma il caso in esame, come evidenziato, non può essere ricondotto ad un caso di normale incidente stradale, bensì rientra nel contesto completamente differente di un’operazione di pubblica sicurezza”.

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