“Il caso Mangione è interpretato da una parte dell’opinione pubblica come un’azione estrema e radicale contro le vessazioni del capitalismo, in particolare contro le compagnie assicurative che a molti nordamericani non consentono di curarsi adeguatamente. In questo senso, Mangione evoca, in chi lo sostiene, l’immagine di un Davide moderno che cerca di combattere un sistema (Golia) considerato ingiusto e oppressivo. Naturalmente l’azione che viene imputata a Mangione non può essere giustificata o glorificata in alcun modo, ma appare piuttosto evidente il fatto che ha messo in luce un profondo desiderio di vendetta che molte persone provano nei confronti delle ingiustizie subite. In sostanza, questo caso ha acceso i riflettori su delle problematiche profonde trasformando, per molti, un presunto omicida in un simbolo di protesta sociale”. Così interviene il presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia (Ais) Stefano Tomelleri, professore di Innovazione e ricerca sociale all’Università degli studi di Bergamo (di cui è Prorettore) in una disamina sul caso di Luigi Mangione, il cittadino statunitense accusato di aver ucciso a New York l’amministratore delegato di United Healthcare Brian Thompson.
“Questo risentimento vendicativo – aggiunge Tomelleri – è alimentato dalle disuguaglianze percepite da parte di chi ritiene che l’accesso alle cure sia un privilegio riservato a pochi. Nonostante l’Affordable Care Act (Obamacare) abbia cercato di mitigare queste disparità negli Stati Uniti, permangono numerosi problemi, soprattutto per chi soffre di condizioni croniche”.
Secondo il Presidente dell’AIS quanto accaduto è un fatto “fortemente legato alle caratteristiche degli Stati Uniti ma, certamente, il risentimento antisociale è diffuso anche in Europa e in Italia. La differenza più sostanziale è che qui da noi, fortunatamente, abbiamo ancora un sistema di welfare in grado di mitigare le disuguaglianze e questo ci induce, a maggior ragione, a non dover mai dare per scontate le tutele sociali”.