“E’ arrivato il momento“. Con queste parole il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, nel suo attesissimo intervento a Jackson Hole, ha dato il segnale che i mercati si aspettavano e spalancato le porte a un primo taglio dei tassi d’interesse nella prossima riunione della banca centrale, il 17 e 18 settembre.
“E’ giunto il momento di un aggiustamento della politica monetaria“, ha detto chiaramente il capo della Fed al simposio dei banchieri in Wyoming. “Il ritmo dei tagli dipenderà dai dati futuri, dall’evoluzione delle prospettive e dall’equilibrio dei rischi“, ha aggiunto, tra il mantenimento della piena occupazione e il controllo dell’inflazione. Powell si è detto più fiducioso “che l’inflazione sia su un percorso sostenibile per tornare al 2%“, l’obiettivo fissato dal mandato della Fed. Nel linguaggio altamente codificato dei banchieri centrali, questo è il segnale che il Fomc, il Federal Open Market Committee, un organismo della Federal Reserve incaricato di sorvegliare le operazioni di mercato aperto negli Stati Uniti e ne è il principale strumento di politica monetaria, taglierà i tassi nella prossima riunione, l’ultima prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 5 novembre.
La Fed alza i tassi di interesse dello 0,75% (Getty)
Finora i discorsi di Powell non avevano fornito alcuna indicazione sulla possibilità che la Fed tagliasse i tassi, una mossa che i mercati si aspettavano inizialmente nella prima metà dell’anno, prima che la persistente inflazione li portasse ad attendersi una sforbiciata a settembre. Già mercoledì scorso i verbali dell’ultima riunione della Fed avevano segnalato questa eventualità: “La stragrande maggioranza dei membri del Fomc – spiegavano – se i dati continueranno nella direzione prevista pensano sarebbe probabilmente appropriato allentare la politica monetaria nella prossima riunione“.
Tornando a Powell, il governatore ha proseguito nella riflessione: “Faremo tutto ciò che è in nostro potere per sostenere un mercato del lavoro forte“, segno che l’occupazione è tornata nel radar della Fed, mentre il ritmo della creazione di posti di lavoro torna ai livelli pre-pandemici. La revisione di mercoledì della creazione di posti di lavoro nell’ultimo anno fiscale – la più grande dal 2009 – ha mostrato che il mercato del lavoro era effettivamente in una fase di rallentamento avanzato.
I dati pubblicati finora avevano sovrastimato di oltre 800.000 unità il numero di posti di lavoro creati negli Stati Uniti tra l’inizio di aprile 2023 e la fine di marzo 2024. Ciò evidenzia un ritmo ancora positivo di creazione di posti di lavoro, ma molto più attenuato di quanto inizialmente previsto. Finora i dati mostravano un graduale rallentamento della creazione di posti di lavoro, ma con l’aumento della disoccupazione al 4,3%, ora c’è il rischio che torni a essere un problema importante. Per quanto riguarda il taglio dei tassi, la maggioranza degli analisti prevede una riduzione di 25 punti base, ma quasi il 40% scommette su una sforbiciata di 50 punti.
Borsa Borsa di Milano (Getty)
L’Europa festeggia Powell, Milano chiude a +1,02%
Nel resto del Vecchio Continente, come detto, brilla Madrid (+1,09%). Hanno chiuso leggermente più indietro, ma comunque in buon rialzo, anche il Dax di Francoforte (+0,77%), il Cac di Parigi (+0,7%) e Londra (+0,59%). Non è invece riuscito ad allontanarsi dalla parità l’Aex di Amsterdam (+0,02%), appesantito dai cali dei semiconduttori. Passando ai casi di giornata, poco mossa Nestlè a Zurigo (+0,29% sullo Smi in rialzo dello 0,3%) dopo l’inatteso cambio alla guida del gruppo.
Milano chiude in rialzo, l’Ftse Mib avanza dell’1,02% a 33.650,17 punti.