Nonostante una produzione lievemente sotto le aspettative, l’Italia sorpassa la Cina e torna a essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro da industria, dopo gli Stati Uniti. Colpa (e merito) delle condizioni meteo, che sul fronte occidentale hanno portato le rese qualitative al top, mentre in Cina hanno ridotto drasticamente a 4,9 milioni di tonnellate le quantità destinate al mercato della trasformazione: meno della metà di quanto raccolto l’anno precedente, decimato dalle sferzate delle piogge torrenziali che si sono abbattute sui distretti produttivi.

In Italia, a fronte di 78.695 ettari messi a coltura, la campagna di trasformazione 2025 si è chiusa con una produzione di 5,8 milioni di tonnellate di pomodoro, in leggero aumento rispetto al 2024, ma comunque inferiore (-10% circa) a quanto era stato programmato.

Non sono mancate le difficoltà. «Lo sfasamento dei tempi di maturazione della materia prima ha comportato un allungamento dei periodi di trasformazione», dichiara Marco Serafini, presidente di Anicav. «Le aziende, in particolare al Centro Sud, non sono mai riuscite a lavorare a pieno regime con una perdita importante delle economie di scala. Inoltre gli incrementi del prezzo pagato per il pomodoro, che rimane il più alto al mondo, hanno creato situazioni distorsive del mercato rischiando seriamente di mettere in crisi il comparto», conclude.

A questo si aggiungono le difficoltà legate alla congiuntura internazionale. «Il comparto è messo a dura prova dalle situazioni spesso non semplici dei mercati di sbocco e delle politiche daziarie statunitensi», dichiara Giovanni De Angelis, direttore generale Anicav.

Entrando nel merito della campagna, al Centro Sud sono state trasformate 2,71 milioni di tonnellate (-5,3% rispetto al 2024), mentre nel bacino Nord il trasformato finale è stato di 3,12 milioni di tonnellate (+27,6% rispetto allo scorso anno).

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