Perché le proposte di Putin per i negoziati in Ucraina pesano sulla Conferenza di pace inaugurata ieri a Bürgenstock, in Svizzera. L’ex diplomatico russo Bondarev: “I Paesi del Sud globale hanno un motivo in più per accusare Ucraina e Occidente di essere i veri guerrafondai”. Il Cremlinologo Galeotti: “Nessuna vera intenzione di negoziare, per ora. Né a Mosca né a Kyiv”.

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Vladimir Putin ha offerto la sua “pace” non perché fosse accettata ma per esasperare le divisioni nella comunità internazionale sulla guerra in Ucraina alla vigilia di una conferenza — quella di Bürgenstock, inaugurata ieri, sabato 15 giugno — che si annunciava fallimentare. Le proposte del Cremlino rischiano di essere più efficaci delle manovre occidentali volte ad allargare la coalizione che difende Kyiv. Sono anche un’assist per la mediazione della Cina. Ma non rendono più vicina una soluzione politica del conflitto. Piuttosto, ne fanno parte.

“Una diplomazia primitiva ma efficace”

“Putin ha voluto gettare un osso ai suoi sostenitori nel mondo per far vedere che vuole la pace e che l’Occidente è guerrafondaio”, dice a Fanpage.it l’ex diplomatico russo Boris Bondarev. “Quella di Mosca – aggiunge – è una diplomazia semplice, poco elaborata, primitiva. Volta a dividere, mai a unire. E funziona”. Mentre scriviamo, la Tass riporta che il Parlamento ucraino vuol discutere l’offerta di Putin e solo il presidente Zelensky e il governo son “contro la pace”. Solo propaganda, con ogni probabilità. Ma l’intenzione è quella.

Intanto, i rappresentanti dei Paesi del Sud globale presenti alla conferenza svizzera “diranno ai loro colleghi occidentali che una proposta di pace esiste, bell’e confezionata. E che va perseguita”, sostiene Bondarev. A loro importa poco dell’Ucraina e della sicurezza europea. Ne sono lontani, geograficamente e politicamente. Hanno priorità ben più immediate. “Dal punto del vista del Sud del mondo, quello in corso è un conflitto tra bianchi privilegiati che si ammazzano tra loro”, nota la ex feluca di Putin. E la narrativa russa sui magnifici destini del multipolarismo anti-occidentale ha maggiore appeal del liberalismo più o meno democratico e del multilateralismo caro all’Occidente.

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Opportunismo distruttivo

Il capo del Cremlino ha fatto la sua “conferenza di pace” unilaterale, precedendo quella attualmente in corso in Svizzera. È una diplomazia del sabotaggio. Che il G7 abbia realmente rafforzato la coesione tra i Paesi pro-Kyiv, come ha detto Giorgia Meloni dopo il vertice pugliese, resta tutto da dimostrare. E il trattato decennale di sicurezza tra Usa e Ucraina resta da definire in molti particolari. Mentre la Germania, dove la “putinista” Afd è ormai potente, sta dicendo no alle prossime sanzioni Ue contro la Russia. Ciò che fa davvero male a Putin è solo l’accordo per usare gli interessi sulle riserve in valuta della sua banca centrale per aiutare Zelensky. Ma il discorso di venerdì non è stato una piccata reazione all’affronto. È stato invece un ben ragionato esempio dell’opportunismo che contraddistingue la politica estera del Cremlino. Opportunismo sempre meno “costruttivo”, come lo definivano fino a qualche anno fa i diplomatici di Mosca. Oggi l’opportunismo russo non costruisce. Punta a distruggere.

La conferenza ipocrita

Alla conferenza di Bürgenstock non c’è il presidente USA Biden. La Cina è assente. Le delegazioni di Paesi come India e Brasile non sono proprio stellari. Soprattutto, manca la Russia: dopo aver affermato pubblicamente che mai avrebbe partecipato, non è stata proprio invitata. Le accuse di ipocrisia nei confronti una conferenza di pace dove manca una delle parti in guerra hanno qualche fondamento. Di certo, la partenza è stata in salita.

“Dopo il discorso di Putin, al summit svizzero qualcuno proporrà di forzare l’Ucraina ad accettarla”, prevede Boris Bondarev. “Non si vuol ricordare che è Mosca ad aver invaso il Paese vicino. Si dirà che vuole la pace e l’Ucraina no. Quindi deve essere costretta alla resa”. Perché è indubbio che accettare le condizioni di Putin equivarrebbe a una capitolazione. L’offerta dello zar prevede il mantenimento dei territori che ha occupato e il passaggio alla Russia di alcuni che non ha ancora occupato. Inoltre, l’Ucraina non dovrà mai entrare nella NATO e l’Occidente dovrà ritirare tutte le sanzioni. Ma non c’è solo questo. Putin vuole anche che sia riconosciuta formalmente l’ingerenza russa negli affari interni di Kyiv: niente governi nazionalisti e veto su alcune leggi che Mosca considera”russofobe”. Altro che “proposta di pace”. È una resa incondizionata.

Nessuna volontà di trattare

Qualche novità però nelle parole di Putin alcuni analisti ce la vedono: il riferimento alle attuali linee del fronte potrebbe significare che si potrebbe in futuro negoziare sui confini delle quattro regioni ucraine che il Cremlino si è annesso pur senza controllarne tutto il territorio. “La lista delle richieste è volutamente massimalista, ma è una vecchia tattica russa, fin dai tempi dell’Unione Sovietica”, commenta a Fanpage.it il fondatore di Mayak Intelligence Mark Galeotti, tra i maggiori esperti mondiali della politica e delle guerre di Putin.

“Si parte con richieste esagerate per poi mercanteggiare”. Ma anche Galeotti non si fa illusioni: “Un giorno forse Putin farà anche qualche concessione. Ma non certo adesso. Nessuna delle due parti vuole davvero negoziare. Anche i dieci punti per la pace indicati da Zelensky in fondo sono un invito alla capitolazione di Mosca”. Secondo il direttore del think tank Carnegie Russia Eurasia, Alexander Gabuev, quanto detto venerdì da Putin rafforzerà la posizione della Cina come mediatore favorevole alla Russia in possibili negoziati futuri. Intanto, influenzerà la conferenza in Svizzera: gli alleati del Cremlino probabilmente ritengono il summit di Bürgenstock “un’iniziativa preparata male sulla base di aspettative irrealistiche”, come ha detto Gabuev al Financial Times. E questo li indurrà a proporre “uno schema che possa avvicinare le parti”.

Il fattore Cina

Né le proposte di Putin né quel poco o tanto che verrà fuori dai colloqui sul Lago dei quattro cantoni porteranno a negoziati nel prossimo futuro. L’unica potenza in grado di convincere il presidente russo a trattare subito su basi accettabili è la Cina. Ma per ora si guarda bene dal farlo. Ufficialmente, non è a Bürgenstock perché la Russia non è stata invitata. Boris Bondarev sostiene fin dall’aprile scorso che Pechino in realtà non avrebbe mai potuto partecipare. Perché i suoi 12 punti per la pace “sono filo-russi e non reggerebbero allo scrutinio di un consesso multilaterale, dove verrebbero drasticamente criticati”. Fatto sta che Putin riesce a colpire e a dividere. Mentre la diplomazia occidentale ha problemi a unire, a cooptare nuovi Paesi nel sostegno all’Ucraina.

“Anche se viene raccontata da personaggi da avanspettacolo come la portavoce Maria Zakharova o come ciò che è diventato il ministro Lavrov, la politica estera di Mosca non è da prendersi a ridere”, sottolinea l’ex diplomatico russo.

Armi da guerra

Putin probabilmente si ritiene forte. Sia sul piano politico internazionale che sul campo di battaglia. Da cui  — come succede agli autocrati — ha resoconti ottimistici e spesso poco veritieri da parte dei suoi generali. “Ho 700mila soldati al fronte”, ha tenuto a dire. Continua a bombardare l’Ucraina. Soprattuto le infrastrutture e le centrali elettriche. Spera che in inverno Kyiv sarà al freddo. In passato il gioco non gli è riuscito. Ora però la sua diplomazia del sabotaggio potrebbe aiutarlo.

“Sente soffiare il vento dalla sua parte, con la Le Pen che potrebbe vincere in Francia e Trump che che potrebbe tornare alla Casa Bianca”, osserva Bondarev. I due leader sovranisti avranno anche fatto dichiarazioni anti-Putin recentemente, ma restano vecchi amici che possono esser riportati sulla buona strada. Al freddo e con un sostegno ancor meno stabile dall’Occidente “potrebbero alla fine essere gli ucraini a cedere”. Per puri motivi di sopravvivenza. In questo senso, la proposta improponibile fatta da Putin è da intendersi parte del conflitto. Chiamatela pure guerra ibrida. Nella quale l’arma più potente del Cremlino, insieme alla propaganda che fa dimenticare a molti che la Russia ha invaso l’Ucraina, è l’opportunismo distruttivo della sua politica estera.

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