La Nato chiede da anni di investire almeno il 2% del Pil nazionale in spese militari. Con Donald Trump, l’impegno degli Usa nell’Alleanza atlantica potrebbe calare. E così tutti i Paesi, Italia inclusa, saranno chiamati a spendere di più. Ma il governo Meloni ha già chiarito più volte che, per il momento, quell’obiettivo resta lontano.
Non è una novità che la Nato chieda ai suoi Paesi membri di investire almeno il 2% del proprio Pil nazionale in spese militari. La percentuale è stata fissata nel 2014, e da allora molti Stati l’hanno raggiunta. L’Italia decisamente no: il ministro dell’Economia Giorgetti oggi ha ribadito che, anche con i maggiori investimenti previsti nei prossimi anni, si arriverà al massimo all’1,61% nel 2027.
Più volte, gli esponenti del governo Meloni hanno glissato sull’impegno di raggiungere il 2%. La stessa premier, a luglio, aveva ribadito la disponibilità a mantenere gli impegni “con i tempi e le possibilità e che abbiamo”. Una formula per chiarire che non succederà a breve.
Ciò che è cambiato è che ora alla Casa bianca e tornato Donald Trump. Il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti ha sempre chiarito quale sia la sua linea in politica estera, almeno da questo punto di vista: un minore impegno nelle organizzazioni multilaterali, come la Nato, e la richiesta decisa che gli alleati aumentino di molto le loro spese militari, per ‘fare la loro parte’.
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Non è un caso che proprio oggi il segretario generale della Nato, Mark Rutte, abbia ribadito che i Paesi dell’Alleanza dovranno spendere “molto più del 2% del Pil” in difesa. Ha anche aperto alla possibilità che ci siano “percentuali diverse Paese per Paese”, ma in ogni caso gli obiettivi che si è fissata la Nato “non arriveranno con il 2%.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, in audizione davanti alla commissione Esteri del Senato, è tornato sul tema. Ha ammesso che l’Italia è “ancora lontana” dal 2%, e ha sottolineato che questa soglia “non è un obiettivo, ma un requisito minimo“. Come aveva ribadito anche alcuni mesi fa, Crosetto ha chiarito che “siamo ancora lontani dal famoso 2% del Pil entro il 2028”, impegno che era stato preso dal governo Draghi.
Il ministro dell’Economia Giorgetti ha fatto il punto oggi: nei prossimi anni si prevede un potenziamento degli investimenti per 35 miliardi nel periodo 2025-2039. Eppure, l’obiettivo del 2% è “molto ambizioso e non del tutto compatibile, sotto il profilo delle coperture, con il quadro vigente della governance europea”. Con le cifre attuali, si salirà all’1,57% l’anno prossimo e poi all’1,61% nel 2027.
I due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, hanno entrambi toccato la questione nelle scorse ore ma senza prendere impegni particolari. Il leader di Forza Italia, su Rete 4, si è limitato a dire che “l’Europa dovrà fare di più per rispondere alle attese americane, che erano quelle anche con l’amministrazione Biden, e dovrà in particolare fare di più per la Nato: spendere di più in difesa per essere pià forti”.
Matteo Salvini, noto sostenitore di Donald Trump, ha invece provato a ribaltare la questione: “Abbiamo tempo per avvicinarci al 2%”, ha affermato a Radio Anch’io. Il motivo? “Sicuramente la fine dei conflitti, con la rielezione di Trump, ci aiuterebbe a prendere più tempo“. Se avesse vinto Harris, “avrebbe continuato sulla politica del fantasmatico, dell’assente, del nulla. Trump si è preso un impegno: tutti devono fermarsi con la guerra. Quindi se nel 2025 si aprisse per i miei due figli lo stop dei missili in Medio oriente e della guerra in Ucraina per me è bingo”.