Dopo una fase di test, OpenAI, la casa madre di ChatGpt, ha rilasciato Sora, il suo sistema di intelligenza artificiale generativa capace di creare video da semplici descrizioni testuali che ha già destato preoccupazione nel mondo dei creativi, soprattutto nel cinema. L’annuncio fa parte di una sorta di calendario dell’avvento della società che, per 12 giorni, si è impegnata a svelare nuovi progetti legati al mondo dell’IA. Al momento, Sora è accessibile negli Stati Uniti e in molti altri paesi, ma non nel Regno Unito e in Europa (e quindi anche in Italia) dove OpenAI è soggetta alle stringenti norme Ue sulla privacy e sull’addestramento degli algoritmi. Anche nei paesi in cui è attivo, però, Sora presenta delle limitazioni nella generazione di video per gli abbonati al servizio a pagamento.
Per evitare abusi, Sora include all’interno di ogni file ottenuto metadati standard, le informazioni digitali, in accordo con il consorzio Coalition for Content Provenance and Authenticity (C2pa), che ne indicano l’origine. Gli utenti dovranno accettare un accordo che vieta la creazione di contenuti inappropriati o protetti da copyright. “In quanto OpenAI, sappiamo di avere gli occhi puntati addosso – ha spiegato Rohan Sahai, product lead di Sora – Vogliamo trovare il giusto equilibrio tra la prevenzione degli usi illeciti e la libertà di espressione creativa. Non sarà facile, e probabilmente non saremo perfetti fin da subito. Ma i feedback degli utenti ci permetteranno di migliorare”.
Nelle scorse settimane è salita alla ribalta la protesta di un gruppo di artisti americani, che faceva parte dei professionisti che ha testato in via sperimentale il programma. Hanno incolpato OpenAI di essere stati usati in una operazione commerciale e di ’art washing’ “per convincere che Sora è utile”, hanno scritto in una lettera aperta.