La lunga marcia dell’e-commerce B2c raggiunge un altro traguardo e conquista nuovi clienti. Sono più di 35,2 milioni di italiani che acquistano online, oltre i due terzi della popolazione, mentre quest’anno il valore degli acquisti supererà i 62 miliardi con una crescita del 6% sul 2024. I servizi registrano una crescita dell’8% sull’anno precedente, per un valore di 22 miliardi mentre l’e-commerce di prodotto segna un +6% superando i 40 miliardi di euro. Nell’ambito degli acquisti di prodotto, i comparti Food & Grocery e Beauty&Pharma registrano un incremento superiore alla media, con tassi di crescita di circa il 7%, mentre abbigliamento, informatica ed elettronica di consumo, arredamento e home living presentano una crescita in linea con quella del settore con tassi compresi tra il +5% e il +6%. Frena la progressione del settore auto e ricambi. La penetrazione dell’online sul totale acquisti Retail (online+offline) nei prodotti è pari all’11,2%, un incremento di mezzo punto percentuale rispetto al 2024. Sono questi gli ultimi dati sull’e-commerce in Italia che emergono dall’indagine dell’Osservatorio e-commerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano presentata durante la sessione plenaria di apertura della ventesima edizione di Netcomm Forum – nella sua edizione speciale intitolata «The next 20 years in 2 days».
«L’e-commerce è uno strumento chiave per favorire l’export delle Pmi e l’internazionalizzazione rimane una sfida significativa: oltre il 54% delle imprese italiane fatica a espandersi oltre i confini nazionali per la mancanza di strategie digitali efficaci e dell’innovazione tecnologica necessaria a competere sui mercati globali – commenta Roberto Liscia, presidente di Netcomm -. A complicare ulteriormente il quadro c’è uno scenario più ampio di sfide sul piano globale, come la possibile introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, e a farne le spese saranno in primis le Pmi, il cui accesso al mercato statunitense sarà reso ancora più complicato dai costi e dalla gestione burocratica. Nondimeno, il clima di sfiducia e tensione causato da questo scenario porta a una intensificazione del protezionismo digitale, che minaccia la libera circolazione di dati, fondamentali, tra le altre cose, per intercettare i bisogni dei clienti e soddisfare le loro richieste».
Secondo i dati dell’Osservatorio Netcomm in collaborazione con Cribis, il numero di imprese italiane con un sito e-commerce è aumentato del 3,4% rispetto al 2024, raggiungendo le 91mila aziende, con una crescita marcata (+8,5%) delle società di capitale. Segno della maturazione del settore e dell’integrazione di strategie digitali avanzate. «In Italia l’e-commerce e più in generale il retail si trova ora in una fase di consolidamento e i valori di mercato confermano un online un po’ meno vivace rispetto al passato – segnala Valentina Pontiggia, direttrice dell’Osservatorio e-commerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano -. Questi dati non riflettono, però, il grande lavoro svolto dietro le quinte da molti merchant, i quali sono sempre più impegnati nell’ottimizzazione di processo, nell’introduzione di soluzioni tecnologiche per migliorare sia l’esperienza utente sia le attività di back-end e nella sperimentazione di modalità diverse di interazione con i consumatori e di nuovi modelli di business, molto spesso platform-based. Mentre in passato si puntava esclusivamente sulla vendita dei prodotti, ora attraverso l’e-commerce i brand cercano di instaurare una relazione con il cliente offrendo esperienze sempre più interattive e coinvolgenti».
Le aziende italiane che operano nell’e-commerce sono distribuite principalmente in Lombardia, Lazio e Campania, con Milano, Roma e Napoli come principali hub. Il settore è dominato da micro e piccole imprese, ma anche da aziende di dimensioni più grandi, con una crescente età media, segno di una stabilizzazione del mercato. I settori più rilevanti sono il commercio e i servizi, con un forte coinvolgimento nei settori del beverage, dell’editoria e dei prodotti alimentari. «In uno scenario così variabile e incerto le competenze diventano la vera chiave del futuro – rimarca Liscia -. Non parliamo più solo di capacità tecniche o digitali, ma di un insieme complesso e integrato di saperi, attitudini, comportamenti che determinano la capacità di adattarsi, innovare e generare valore che faranno sempre più la differenza nelle organizzazioni».