Oggi le tute blu tornano in piazza a Roma, con una manifestazione che si annuncia molto partecipata, per chiedere garanzie sull’occupazione e il rilancio dell’industria dell’automobile in Italia. A partire dai siti produttivi Stellantis. Era dal 1994 che Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm non manifestavano assieme con uno sciopero unitario nel settore. Il concentramento è previsto in Piazza Barberini alle ore 9,30, da lì partirà il corteo fino a piazza del Popolo dove si terranno gli interventi dei delegati e dei segretari generali sotto lo slogan “Cambiamo marcia: acceleriamo verso un futuro più giusto”. Attese anche delegazioni di sindacati europei e mondiali.

Lo sciopero è partito dal primo turno di lavoro. Il corteo a Roma si muoverà da piazza Barberini diretto a piazza del Popolo, dove i segretari generali dei sindacati dei metalmeccanici, Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella interverranno dal palco. In piazza anche i segretari generali diCgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. Presenti delegazioni di sindacati europei e mondiali alla manifestazione, dove sono previsti migliaia di lavoratori provenienti da tutta Italia. Attesi anche i leader dell’opposizione. 

Per i sindacati “Stellantis in Italia e in generale l’automotive in Europa sono al collasso. Sono irrimediabilmente a rischio la prospettiva industriale e occupazionale” e per questo, come si legge nel volantino dello sciopero, “sono urgenti risposte da parte dell’Ue, governo, Stellantis e aziende della componentistica”. Anche Fismic Confsal, Uglm e Associazione Quadri sono in diverse piazze – Torino, Bari, Potenza, Napoli, Avellino, Cassino e Termoli – con lo slogan “L’automotive merita di più”.

“Il 18 ottobre noi ci alziamo in piedi e incrociamo le braccia: scioperiamo per difendere il lavoro e il nostro futuro”, argomenta il segretario generale della Fiom Michele De Palma: “Abbiamo deciso di fermarci insieme, con una grande manifestazione a Roma, perché – aggiunge – pensiamo che si possano salvare il sistema dell’automotive e la produzione industriale dell’auto nel nostro Paese”.

Mentre il segretario della Uilm Rocco Palombella nelle scorse settimane parlava di “situazione drammatica. In ogni stabilimento non c’è assolutamente la piena occupazione ma cassa integrazione e livelli produttivi bassissimi. Non c’è una prospettiva di rilancio degli stabilimenti”.

La crisi del comparto automotive è profonda, il settore in Europa fatica a vincere le sfide poste dalla transizione energetica. E soffre la concorrenza dei veicoli cinesi. Il passaggio alle auto elettriche è una trasformazione epocale ma finora fatica a decollare: a settembre in Italia il numero delle immatricolazioni segna -10,7% sullo stesso periodo dello scorso anno. Vanno meglio le vendite delle vetture ibride di quelle elettriche. Ma i costi restano ancora elevati. Non a caso il mercato delle auto usate ha registrato una crescita del 8,9% nel primo semestre del 2024. La crisi del settore in Italia coinvolge Stellantis, unico produttore del Paese – che tra i suoi brand possiede Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Abarth – tra blocchi della produzione e periodi di cassa integrazione. L’azienda parla di calo di consegne soprattutto in Nord America.

 

Ha fatto discutere l’audizione in Parlamento della scorsa settimana del Ceo Carlos Tavares. Il manager ha ribadito che Stellantis “non ha intenzione di abbandonare l’Italia, abbiamo un piano per tutti i siti produttivi” e vuole mantenere “la leadership” nel settore nel Paese. Ma ha fatto presente anche che produrre veicoli in Italia in linea con le regole Ue sulla transizione all’elettrico ha “costi troppo alti”, il “40% in più” di quelli che “devono sostenere i nostri concorrenti”. Per questo sono necessarie “regole certe” e ha richiesto “notevoli incentivi”.   

Le opposizioni si sono dette insoddisfatte delle sue parole, la segretaria del Pd Elly Schlein ha parlato di “aspettative non mantenute”, Carlo Calenda di “presa in giro”, mente il leader M5s Giuseppe Conte ha definito il manager un “commissario liquidatore”. Mentre tra i partiti di governo la Lega ha parlato di “sconcertanti dichiarazioni di Tavares su possibili licenziamenti”.   

L’automotive è in difficoltà non solo in Italia. Il settore contribuisce per 460 miliardi di euro al Pil europeo, e impiega 4 milioni di lavoratori nel continente. Dalla fine dell’estate in Germania si discute della possibilità di chiudere uno stabilimento della Volkswagen, sarebbe la prima volta in quasi 90 anni di storia del gigante tedesco. Un dibattito analogo si sta svolgendo in Belgio su un siti Audi, che fa parte dello stesso Gruppo. Si parla di possibili tagli che coinvolgerebbero tra 15 e 30mila lavoratori. Volkswagen e Bmw, come Stellantis, hanno abbassato le previsioni per il 2024.

 

Oggi, gli operai delle carrozzerie di Mirafiori, in cassa integrazione fino al 4 novembre, sono scesi in piazza davanti alla Palazzina di corso Agnelli per un’assemblea pubblica sotto la pioggia. L’iniziativa è stata organizzata unitariamente da tutte le sigle sindacali metalmeccaniche, alla vigilia dello sciopero generale nazionale di domani, venerdì 18 ottobre, con manifestazione a Roma.  Al presidio hanno partecipato anche i cassintegrati della Lear e di altre aziende dell’indotto.
 

 

Landini, “Il governo convochi Stellantis e i sindacati”

Il settore auto “è un settore strategico, ma è a rischio. Le prospettive, dai livelli di produzione all’occupazione, non sono chiare, non c’è un piano industriale che definisca un futuro. E noi non vogliamo stare a guardare. Serve un rilancio delle politiche industriali. Il governo convochi le parti sociali, Stellantis e le aziende della componentistica a palazzo Chigi perchè c’è bisogno di un piano strategico complessivo in Italia, e in Europa”. Lo dice il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ad Agorà su Rai3, nella giornata dello sciopero del settore automotive e della manifestazione dei sindacati metalmeccanici a Roma.
“In Italia stiamo producendo 300mila auto quando avremmo la capacità produttiva per 1,5 milioni di auto”, rimarca Landini.
 

 

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