Trasformare le aree interne e svantaggiate d’Italia in “zone franche” con fiscalità agevolata. È la richiesta presentata da Cia-Agricoltori Italiani al Governo, nel giorno dell’Assemblea nazionale, che ha richiamato a Roma oltre 400 delegati da tutta Italia, per discutere di “Agricoltura al bivio”.

I dati presentati da Denis Pantini di Nomisma all’Auditorium Antonianum parlano chiaro: negli ultimi venti anni il 75% delle aziende (1,3 milioni in totale) che ha chiuso i battenti, era situato in aree collinari e montane e ha determinato la riduzione di 850mila ettari di superficie agricola coltivata.

Ma per il sottosegretario al Mef, alle prese «con una legge di Bilancio complessa e con poche risorse» una defiscalizzazione è esclusa. Maurizio Leo reputa invece plausibile lavorare a una proposta che «individui una serie di incentivi per fare in modo che chi si trasferisce in queste aree svantaggiate goda di benefici fiscali».

«Le sfide che riguardano l’agricoltura sono sfide di tutto il Paese», ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio letto in sala dal presidente Cia, Cristiano Fini. E Nomisma non fa fatica ad elencarle tutte: climate change, conflitti bellici, protezionismo, volatilità dei prezzi delle commodity.

Pur rappresentando la seconda “potenza agricola” della Ue per valore aggiunto generato, l’Italia ha assistito negli ultimi cinque anni a una crescita di tale valore (a prezzi correnti, comprensivi dell’inflazione) al di sotto della media: + 24%, contro una media Ue del 41%.

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