C’è il siciliano che lavorava in Germania e ora se ne sta seduto a un tavolo a una cinquantina di passi dal Teatro Politeama di Palermo, collegato in una riunione impegnativa. Ma c’è anche, a qualche tavolo di distanza, il tedesco che ha deciso di venire a lavorare a Palermo e continua, in un clima certamente diverso, a fare quello che ha sempre fatto. Due facce di una medaglia, lo smart working, che ha fatto diventare il capoluogo siciliano una delle mete preferite certo da chi era andato via per lavoro ma soprattutto da chi sceglie di venire a lavorare a Palermo, dai cosiddetti nomadi digitali. Una dimensione ormai certificata dalle ricerche diffuse nelle scorse settimane: una di queste piazza Palermo al ventiduesimo posto nel mondo, lontana da Dubai (prima) ma prima di Atene e della Toscana.
Palermo, punti di forza ma anche di debolezza
«Palermo oggi corre più veloce del resto d’Italia: è 22esima in classifica nazionale con una crescita dell’occupazione del 7%, il triplo della media nazionale – dice Roberta Pellegrino, cofounder di Ludwig -. Un clima mediterraneo con 300 giorni di sole, un costo della vita inferiore del 20% rispetto a Roma e del 35% rispetto a Milano, una copertura 5G che raggiunge il 97% della popolazione urbana, e un’offerta culturale, gastronomica e naturalistica unica, con il mare a 15 minuti dal centro. Crescono gli spazi di coworking e in alta stagione ci sono voli diretti per 32 destinazioni tra Europa e Regno Unito. Certo, restano sfide da affrontare: affitti in crescita (+18% tra 2022 e 2023), scarsità di soluzioni per soggiorni di media durata, solo il 30% dei giovani tra i 18 e i 35 anni parla inglese a livello B1 o superiore, la burocrazia per i visti extra-UE è ancora complessa, e mancano spazi pubblici attrezzati per il lavoro flessibile. Serve un’identità forte e condivisa, un brand unitario come un Palermo Remote».
Una rete per rafforzare l’ecosistema
Un fenomeno, quello dei nomadi digitali, che in città si percepisce chiaramente. Ed è partendo dall’analisi di questo fenomeno che nasce Nomad Sicily, non l’associazione dei nomadi digitali siciliani ma una rete di soggetti che promuovono lo smart working e offrono servizi. «Sicuramente si può lavorare su delle misure che incentivino la permanenza dei nomadi digitali in Sicilia. L’ideale sarebbe quelle fiscali, anche se sono più complesse, però anche, diciamo, quello gli spazi, cioè singoli imprenditori, singole realtà che interpretando un po’ questo fenomeno stanno investendo per dare dei servizi a questi professionisti – dice Ugo Parodi Giusino, founder di Magnisi Studio -. necessario fare squadra, fare network, da soli si è sempre piccoli. Se siamo in tanti si amplia il dibattito, si fa un ragionamento più strutturato, ci si confronta e magari ci si può coordinare per intercettare questa opportunità».
Un nuovo interlocutore per le istituzioni
Una rete che si è ritrovata, in quello che possiamo definire l’incontro fondativo, nei locali di Magnisi Studio proprio nel cuore di Palermo lanciando un progetto che punta a far prendere forma concreata a un ecosistema che già esiste ma che spesso non viene percepito come tale. Così, dalle parti del Politeama, si sono ritrovati soggetti rappresentativi di varie esperienze e non solo palermitane, a dimostrazione che l’ambizione è quella di creare una rete regionale, che includa ovviamnente anche Catania, città fertile per parecchi motivi. Da Radica Hub, il “Remote Workers Hub” di Campobello di Licata a South Working Castelbuono, il progetto nato per favorire lo sviluppo del lavoro agile in questo borgo medievale delle Madonie; da Epyc, European Palermo Youth Center. che si considera il primo Youth Center d’Italia a BeeHive, il co-working di Trapani.
«Noi da sempre pensiamo che fare rete sia la carta vincente, è un po’ la nostra filosofia. Che in questo caso trova una ragione ulteriore: una serie di soggetti che si mettono insieme mostrano plasticamente l’esistenza di un ecosistema – dice Biagio Semilia, Ceo di Digitrend che ha creato la piattaforma Innovation Island – . Pensiamo che le istituzioni debbano dialogare con questo ecosistema che ha un grande valore non solo in termini, diciamo così, di turismo digitale ma anche in termini di contaminazione e di nascita di nuove iniziative. Attrarre i nomadi digitali significa attrarre intelligenze e competenze che aiutano a far crescere il sistema dell’innovazione».