Un gruppo di militari russi ha fatto ingresso in una base area del Niger occupata, finora, da militari statunitensi. L’operazione, riportata dall’agenzia Reuters, avviene dopo che la giunta militare di Niamey ha intimato a Washington il ritiro dei suoi circa 1000 uomini dal Paese saheliano, ex roccaforte filo-occidentale spodestata dal colpo di Stato nell’estate del 2023.

Un ufficiale statunitense interpellato da Reuters ha dichiarato che la situazione «è gestibile nel breve termine», anche perché le truppe di Mosca si sono insediate in un hangar diverso dallo stessa struttura: l’Airbase 101, collocata vicino all’aeroporto Diori Hamani International Airport della capitale.

È già meno chiaro quali possano essere gli sviluppi, viste le fibrillazioni sull’asse Mosca-Washington e lo scenario sempre più inquieto del Sahel: la regione subsahariana pervasa da una girandola di colpi di Stato e l’ascesa di giunte militari in rotta con gli ex partner di Usa e Ue. L’unico contingente militare rimasto nel Paese è quello italiano. La Farnesina non si è ancora espressa e fa sapere al Sole 24 Ore che la situazione è in evoluzione, mentre il Cremlino si limita a commentare che la Russia «sviluppa rapporti» con i Paesi africani.

La crescita di Mosca nella regione

Il segretario alla Difesa Usa Loyd Austin cerca di minimizzare l’accaduto e spiega che al momento non si vedono «problemi significativi» nelle mossa di Mosca, anche perché i russi non «hanno accesso» alle forze statunitensi o al loro equipaggiamento. Di certo la penetrazione delle truppe di Mosca, ora rivendicata anche dal Cremlino, segna un nuovo progresso nell’espansione della Russia nel Sahel, lungo uno strategia scandita da accordi militari ed economici con governi sempre più ostili ai vecchi partner occidentali.

Il Mali ha rotto il ghiaccio nel 2021 con un accordo fra la giunta militare e i contractors russi dell’ex compagnia Wagner, un’intesa seguita dai contatti documentati fra le autorità del Burkina Faso negli anni successivi e i colloqui fra Niger e Russia dopo il colpo di Stato che ha scardinato il leader filo-occidentale Mohammed Bazoum. Mosca ha colmato la lacuna lasciata dall’addio delle missioni occidentali nella regione, attraversata da un clima di insofferenza sempre maggiore verso gli ex coloni francesi e, ora, le stesse truppe americane.

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