Nel 2025 il canone Rai potrebbe tornare a 90 euro. In manovra manca la proroga del taglio introdotto lo scorso anno. La riduzione però, potrebbe essere inserita durante l’esame in Parlamento. Intanto il Codacons lancia l’allarme: “per le famiglie italiane costi tra i 420 e i 430 milioni di euro”.
La sede della Rai (Foto Mauro Scrobogna /LaPresse)
Lo aveva promesso Giancarlo Giorgetti, eppure per ora della proroga al taglio del canone Rai in manovra non c’è traccia. La legge di Bilancio, che comincia il suo esame alla Camera, non fa menzione della riduzione che era stata introdotta nel 2023 e che era stata annunciata come confermata anche per il 2025 da parte del ministro dell’Economia.
Alla conferenza stampa di presentazione della legge di Bilancio, il titolare del Mef aveva dichiarato che sul canone resta “quello dell’anno scorso, è confermata la cosa che abbiamo fatto l’anno scorso“. Ma scorrendo la bozza del ddl finalmente disponibile, le parole di Giorgetti non trovano riscontro nei 144 articoli di cui si compone il testo.
Resta però, l’ipotesi che il taglio venga inserito nel corso dell’iter parlamentare appena cominciato. Da qui al 31 dicembre 2024, termine per l’approvazione finale della manovra, lo scontro potrebbe essere introdotto tramite emendamenti al testo nelle commissioni di Senato e Camera.
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Stando alle situazione attuale però, a partire dall’anno prossimo quindi, il canone Rai, che era stato abbassato a 70 euro nella bolletta elettrica, potrebbe nuovamente aumentare e tornare così alla cifra prevista prima del taglio, cioè 90 euro.
Nel testo arrivato in Parlamento infatti, risulta assente lo stanziamento che aveva consentito la riduzione di 20 euro. Per il 2024, la passata legge di Bilancio aveva previsto un contributo di 430 milioni di euro da destinare allo sviluppo del servizio pubblico.
Non solo, nei mesi scorsi, la Lega – che nel tempo del canone Rai ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia – si era spinta perfino ad avanzare una proposta di legge per arrivare alla sua progressiva abolizione. In particolare, l’idea del Carroccio era quella di aumentare il tetto pubblicitario del servizio pubblico, abbassando contemporaneamente il canone di un certo ammontare ogni anno, fino ad azzerarlo completamente nel giro di cinque anni.
In quell’occasione, Forza Italia si era rapidamente smarcata dalla proposta dell’alleato sostenendo di non voler trasformare la Rai in un’azienda commerciale. La presa di posizione degli azzurri aveva infastidito il Carroccio, da sempre contrario alla tariffa di abbonamento al servizio pubblico.
Sull’assenza del rinnovo del taglio al canone in manovra, è intervenuto anche il Codacons, che ha espresso le sue preoccupazioni. “Il mancato taglio del canone Rai costerà alle famiglie italiane tra i 420 e i 430 milioni di euro nel 2025“, ha calcolato l’associazione. “Brutte notizie per i consumatori italiani, che dopo due anni di caro-bollette rischiano di ritrovarsi dal prossimo anno un aumento di spesa nelle fatture elettriche a causa della mancata proroga alla riduzione del canone Rai”, ha proseguito. “Il canone di abbonamento alla televisione è dovuto da chiunque abbia un apparecchio televisivo, e dal 2016 è stata introdotta la presunzione di detenzione dello stesso apparecchio nel caso in cui esista un’utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui una persona ha la propria residenza anagrafica. I titolari di utenza elettrica per uso domestico residenziale sono quindi tenuti al pagamento del canone mediante addebito nella fattura della luce”, ha aggiunto.
Prima dello sconto da 90 a 70 euro, “il canone Rai generava introiti per circa 1,9 miliardi di euro annui”, ha spiegato il Codacons. “Questo significa che, in caso di mancata proroga del taglio, le famiglie italiane a partire dal 2025 dovranno mettere in conto una maggiore spesa complessiva tra i 420 e i 430 milioni annui a titolo di canone”, è la conclusione.