Eseguito nel Policlinico di Napoli, per la prima volta, un intervento di prelievo di organi “a cuore fermo”, realizzato da una equipe di medici tutta campana, composta da sanitari della stessa Azienda ospedaliera universitaria della Federico II, degli ospedali Monaldi e Cardarelli e con il coordinamento del Centro Trapianti regionale. Il fegato è stato poi trapiantato in paziente ricoverato presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli, mentre i reni sono stati trapiantati in pazienti del Policlinico.
Un precedente prelievo (di un solo organo) c’era stato a Napoli al Cardarelli in giugno, portato a termine dal Centro Regionale Trapianti della Campania con CRT Emilia Romagna e ECMO team di Cesena. La Campania si aggiunge così alle altre regioni in cui, in centri specializzati, grazie a investimenti in macchinari e formazione, oggi si fa questo tipo di prelievo che consente di accrescere la disponibilità di organi da trapiantare. E si spera possa anche ridurre le emigrazioni sanitarie che costano in Campania circa 200 milioni l’anno. In Italia con il prelievo a cuore fermo si è avuto un incremento del 30,8% delle donazioni. Insomma, la Campania che si è da tempo lasciata alle spalle i disagi di un deficit sanitario molto alto e che dovrebbe ormai uscire dal piano di rientro, scommette sul rilancio della sanità pubblica.
Cosa significa donare a cuore fermo? Significa che il prelievo degli organi avviene dopo l’arresto cardiaco del paziente, a differenza delle donazioni da soggetti in morte cerebrale tenuti in vita artificialmente. Quindi si esegue dopo la morte, utilizzando tecniche di circolazione extracorporea per mantenere gli organi perfusi e quindi trapiantabili. Questo tipo di procedura richiede tempi rapidissimi e un altissimo livello di coordinamento perché la vitalità degli organi può essere compromessa già dopo pochi minuti.
«Si tratta di una grande opportunità per curare pazienti che necessitano di trapianto _ dice il professore Giuseppe Servillo, professore ordinario e primario di Anestesia e Rianimazione e direttore della “Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva” del secondo Policlinico di Napoli _ Quando la terapia del rianimatore serve solo a prorogare la morte e diventa accanimento terapeutico, insieme ai parenti e con una equipe medica costituita ad hoc si può decidere di ridurre le cure e prevedere la donazione. E’ necessario che cambi la cultura del fine vita che al Sud trova ancora resistenze alla donazione. Lo scopo è salvare vite umane».
«Parliamo della prima donazione multiorgano a cuore fermo della regione Campania _ precisa Carmine Iacovazzo, coordinatore aziendale ospedaliero procurement della Federico II_ e del primo caso in cui gli organi così prelevati sono stati trapiantati subito in Campania». L’intervento ha visto impegnati tra gli altri Claudio Marra (cardiochirurgo Monaldi) e rianimatori e rianimatrici Maria Vargas, Annachiara Marra, Imma Fontana, Anna Laiola, Giulia Giugliano, Carola Visani, Andrea Uriel de Siena (del Policinico Federico II).
