Non sarà il Giorno del Ringraziamento a benedire un accordo di pace per l’Ucraina, come avrebbe voluto Donald Trump: ma almeno la diplomazia ripartirà la settimana prossima da un testo concreto, frutto del lavoro dei negoziatori americani e ucraini che hanno reso accettabili per Kiev le proposte del cosiddetto piano Witkoff-Dmitriev in 28 punti, sbilanciato a favore di Mosca e ormai uscito di scena. La Russia, ha spiegato ieri Jurij Ushakov, primo consigliere di Vladimir Putin per gli Affari Esteri, ha preso visione dell’ultima versione del piano rivisto e per alcuni aspetti ne dà una valutazione positiva. Molti altri elementi, ha però aggiunto il diplomatico, richiedono analisi e discussioni approfondite tra esperti. Come ha puntualizzato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, dopo giorni di negoziati ora c’è «un punto di partenza».

Le note positive finiscono qui: soprattutto perché il nuovo piano – non ancora reso pubblico – lascerebbe tra parentesi le due questioni più spinose: il destino dei territori ucraini occupati o comunque già annessi alla Federazione Russa, e il futuro legame tra Ucraina e Alleanza Atlantica. Punti che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, avrebbe voluto discutere in questi giorni con Trump nella speranza di allontanarlo dalle concessioni a Mosca sottoscritte nella prima versione del piano: ritiro ucraino dall’intero Donetsk, rinuncia costituzionale all’ingresso nella Nato.

Ed è a questo punto che Trump si è tirato indietro, abbandonando la scadenza da lui stesso fissata e partendo per il lungo weekend di Thanksgiving senza programmare un incontro con Zelensky e avvertendo – su Truth Social – che sarà pronto a incontrare il presidente ucraino o Putin solo a fronte di un accordo di pace finale, o in dirittura d’arrivo. «Per me la scadenza è quando sarà finita», ha detto ai giornalisti in viaggio verso Mar-a-Lago. Aggiungendo che sul campo di battaglia la Russia appare in vantaggio, e che all’Ucraina conviene accettare un’intesa visto che «in un paio di mesi la Russia potrebbe comunque conquistare altro territorio».

Parlare di una soluzione vicina è prematuro, ha chiarito Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino. Mentre Ushakov considera «assolutamente non necessario» il coinvolgimento di rappresentanti europei nel negoziato, la Russia è però sempre ben attenta a non respingere apertamente un’iniziativa approvata da Washington, guadagnando intanto altro tempo – e altro terreno al fronte – ma continuando a escludere concessioni russe e senza introdurre nuovi elementi di disponibilità che potrebbero far scattare una possibile soluzione, soprattutto sui due punti più controversi. E giocando in casa, ora che il compito di riprendere le fila del negoziato spetta a Steve Witkoff, incaricato da Trump di tornare a Mosca per incontrare Putin la settimana prossima.

Su Witkoff, tuttavia, è bufera a Washington per la diffusione del contenuto di un colloquio tra l’inviato americano e Ushakov: una telefonata del 14 ottobre che ne mette in dubbio l’equidistanza come mediatore.

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