Sempre più donne nei Sai e per lungo tempo

Tra 2014 e 2023 le donne nel Sai a fine anno aumentano di circa 5 volte, mentre gli uomini non sono nemmeno raddoppiati. Una tendenza che va rinforzandosi: il decreto-legge 133/2023 individua tutte le donne richiedenti asilo come “vulnerabili” e di riflesso convoglia la loro accoglienza nei centri del Sai, creando le premesse per una “femminilizzazione” del sistema. Il rischio però è che non si riesca a rispondere a bisogni e aspirazioni delle donne. Anche nel Sai, infatti, i servizi garantiti a chi chiede asilo sono meno di quelli per persone rifugiate, quindi anche le possibilità di affrontare situazioni complesse come quelle di madri sole o delle sopravvissute alla tratta o a violenze sessuali e torture. Inoltre, rispetto agli uomini, le donne restano in media per un periodo più lungo all’interno dei progetti di accoglienza. Il totale delle donne accolte nel Sai nel corso del 2023 (13.874) e la presenza di donne a fine anno (8.683) evidenziano un ricambio più lento in confronto agli uomini (40.638 accolti nell’anno a fronte di 22.312 presenze al 31 dicembre). Un dato da tenere presente per una programmazione efficace: senza un investimento nel sistema pubblico e un ampliamento reale, il sistema, già saturo (solo 507 i posti disponibili a fine 2024, l’1,3% dei posti attivi), è destinato allo stallo.

Arrivi limitati, ma centri sempre più grandi

Nonostante un incremento più che gestibile di arrivi nel 2023 (157.652) la logica dell’emergenza, anche quando non c’è (gli accolti a fine 2023 sono solo lo 0,23% della popolazione residente in Italia), guida l’approccio all’accoglienza fatto di prassi al limite della legittimità. Il circuito dei centri governativi continua a costituire l’ossatura del sistema (il Sai dà ospitalità al 22,64% delle persone accolte a fine 2023) e non funziona il collegamento tra i due livelli di accoglienza (considerando solo il periodo da gennaio 2023 a ottobre 2024, sono 3500 le persone segnalate dalle prefetture e rimaste fuori dal Sai). Nel 2023 il numero delle strutture sopra ai 300 posti è aumentato del 360%. Una tendenza alla maggiore concentrazione che si è rafforzata anche nel 2024: i contratti per strutture con più di 50 posti passano dal 12% del 2020, al 33,1% dei primi otto mesi del 2024.

Nessuna programmazione: centri al collasso

I dati mostrano come in mancanza di una gestione razionale si tende ad aggirare il diritto ad un’accoglienza dignitosa, colpendo le persone migranti: da un lato si riempiono le grandi strutture fino a farle straripare e dall’altro si procede in maniera indiscriminata con le revoche dell’accoglienza, cioè si toglie il posto assegnato alle persone nei centri con prassi di dubbia legittimità. A fine 2023 sono 105 le grandi strutture che per 13.123 posti, registrano 3.963 persone in eccesso. Escludendo il Cara di Bari e quello di Gradisca di Isonzo, situazioni estremamente critiche rispettivamente con 647 e 393 persone oltre la capienza, il contesto più problematico è la città metropolitana di Milano, con 10 grandi Cas sovraffollati (421 persone in esubero). Guardando alle revoche dell’accoglienza, il sospetto è che siano servite per trovare posti liberandoli ad ogni costo: se nel 2022 le revoche sono state 30.500 circa, nel 2023 il dato è quasi doppio, circa 50.900 revoche, mentre nei primi 9 mesi del 2024 siamo a più di 27.600.

Al caos amministrativo e all’assenza di programmazione la soluzione del ministero è azzerare la trasparenza nella gestione dei Cas: nel 2023 sono il 71,1% i contratti affidati direttamente, un dato allarmante. Nei primi 8 mesi del 2024 le prefetture continuano a garantire un’accoglienza ridotta a guardiania, a scapito di trasparenza e diritti delle persone accolte: quasi il 40% delle assegnazioni sono ancora senza gara. L’assenza di trasparenza riguarda anche il rilascio di dati: nonostante la vittoria al TAR del 2020 e quella al consiglio di stato del 2022, ActionAid e Openpolis sono costretti a tornare in tribunale per esercitare il diritto di sapere e avere informazioni precluse anche ai decisori. Il 19 marzo è fissata l’udienza.

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